martedì 26 agosto 2008

Castelli di libri

“…Sui treni, per salvarsi, leggevano. Linimento perfetto. La fissa esattezza della scrittura come sutura di un terrore. L’occhio che trova nei minuscoli tornanti dettati dalle righe la nitida scorciatoia per sfuggire all’indistinto flusso delle immagini imposto dal finestrino. […] L’eternamente cangiante multiformità del mondo intorno e l’impietrito microcosmo di un occhio che legge. Come un nocciolo di silenzio nel cuore di un boato. […] forse, sempre, e per tutti, altro non è mai, lèggere, che fissare un punto per non essere sedotti, e rovinati, dall’incontrollabile strisciare via del mondo. Non si leggerebbe nulla se non fosse per paura […] Un libro aperto è sempre la certificazione della presenza di un vile…“

“Castelli di rabbia” - Alessandro Baricco (1991)

Riflessioni prese a prestito dall’esperienza di ottocenteschi proto-viaggiatori in treno: leggere viaggiando sui primi convogli a vapore: una metafora che si immerge dentro ad un’altra metafora: un viaggio contenuto in un altro viaggio: il rifugio nel rassicurante focolare domestico dei propri pensieri, protesi verso la cantilenante dimensione dettata dall’andirivieni del nero su bianco, laddove possiamo ascoltare ciò che vogliamo sentirci raccontare da qualcuno che ci sussurra una ninna nanna dell’anima servendosi della nostra stessa voce interiore, mettendo temporaneamente in sospeso le insicurezze e le durezze del mondo concreto che scorre incontrollabile appena fuori dalla lieve membrana del finestrino. Immagine nell’immagine, che simbolicamente introduce alla continua volontà dell’uomo di fissare l’incessante mutevolezza del divenire esistenziale, in un senso che rassicuri e protegga dagli angosciosi indizi disseminati nel mondo dalla potenziale caducità del tutto. Leggere mentre si viaggia, viaggiare mentre si legge. Considerate da entrambi i punti di vista che la situazione può offrire, sentiamo che si tratta di due azioni che si rispecchiano, facendosi eco l’un l’altra: si perdono i confini che stabiliscono le caratteristiche dell’uno e dell’altro gesto, mentre il percorso fisico percepito scorrere all’esterno, si intreccia, si contamina, si confonde, si arricchisce con il fluire dei pensieri che nascono dalle parole scritte. Ne scaturisce una sorta di addentrarsi all’interno di un’introduzione già in atto: le meditazioni del lettore vengono accolte dentro ad una predisposizione alla riflessione, già innescata dall’accogliente linearità del movimento dei vagoni. In larga parte, nelle due circostanze, si tratta di azioni che si accetta di subire di buon grado: sul percorso del treno si può influire solamente nel momento della scelta iniziale, così come accade con la decisione presa su quale libro leggere. Arreca sollievo e consolazione infatti la consapevolezza di quanto i due effettivi tragitti si snodino in seguito senza la necessità di un contributo decisivo da parte della nostra volontà: per fortuna, ci penseranno i binari e le parole che il narratore ha scritto per noi, a cullarci nel duplice viaggio che consente per qualche momento di lasciare in sospeso le responsabilità del vivere e il peso di scegliere in che senso azionare gli “scambi” che determineranno le direzioni della nostra esistenza.

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