giovedì 14 agosto 2008

Quando il giornale si piegava per il lungo

Tipico dell’uomo, che è un «animale immaginante» (oltre che un «animale politico», «zòon politikòn», e a volte solo un animale), è associare certi dettagli a corrispettivi periodi della vita. Anche se quasi sempre non c’è nessun nesso apparente fra le due cose messe insieme, non di meno questi abbinamenti pian piano assumono un senso comune nel nostro ordine di idee, e alla fine ci si crede davvero.

Così stamattina, mentre camminavo per strada col giornale in mano e cercavo di ripiegarlo nel modo migliore perché mi desse meno impaccio, mi son venuti in mente i tempi in cui il quotidiano si poteva piegare per il suo lato lungo. Da quando quasi tutti i giornali hanno infatti adottato il formato ridotto, tabloid mi pare che si dica, si possono al più avvoltolare nel senso del titolo. La buona e vecchia ripiegatura in quattro non c’è più modo di farla, se non a costo di maltrattare in modo indegno il malloppo di fogli. Una volta fatta la piega a metà, parallela al titolo, qui si forma infatti una sorta di costola più coriacea di quelle di Moby Dick, e non c’è modo di aver ragione della sua rigidità, perlomeno se si vogliono ottenere esiti ordinati.

Quando viaggiavo in treno con una certa frequenza, avevo imparato che se non hai a disposizione un tavolo per appoggiare il giornale, ci vuole una certa arte nella sfogliatura, altrimenti ti ritrovi in mano un coacervo di pagine che ti fa passare anche la voglia di leggere gli articoli. Ripiegare bene la prima pagina su se stessa, dando alla “costina” così creata un certo filo ficcante, è fondamentale. Se fai bene questa prima piega, poi tutte le altre voltate di pagina le vanno dietro abbastanza fedelmente. Questa perizia acquisita è poi molto utile, anzi direi fondamentale, se si legge il giornale in poltrona oppure, per i pigri più raffinati ed esigenti, se si “panciolla” in lettura placidamente coricati sul divano o addirittura a letto.

In generale, mi sembra che invece questi giornaletti “tabloidati” di oggi siano comunque refrattari alla piega verticale e quindi più scomodi. La riduzione delle dimensioni, una scelta a favore del minore ingombro e quindi apparentemente di una maneggevolezza maggiore, ha in realtà creato un oggetto più scomodo.

Questa cosa, per riprendere l’assunto iniziale riguardante l’immaginifico ed illogico potere associativo umano, un po’ mi infastidisce. Il buon giornalone ripiegabile in quattro mi sembrava infatti più mansueto, sintomo di un periodo in cui la frenesia efficentistica diffusa nella nostra società, pur avendo certamente già raggiunto livelli notevoli, tuttavia conservava ancora spiragli di cedevolezza nei quali si potevano insinuare i ritmi umani familiarmente più pacati e distesi. Invece questo “tabloidetto” spocchioso di adesso, mentre si ribella alla sua piegatura più fisiologica, sembra quasi gracchiare petulante fra i “cric e crac” delle sue male grinze: «No, no, no…non mi puoi leggere a letto!».

Con ogni probabilità, la riduzione delle dimensioni dev’esser in effetti stata dettata in prima battuta da ragioni economiche, per risparmiare carta, per rendere meno costosa la distribuzione, più agevole la fase di stampa, e per chissà quali altri motivi che non so. Solo dopo si accampa la motivazione della maneggevolezza, ma l’obiettivo raggiunto in questo senso, sempre che la mia analisi sia corretta, sembra proprio l’opposto.

Tra il placido “giornalone” di qualche tempo fa ed il nervosetto “tabloid” di oggi c’è insomma la stessa differenza che passa tra una florida ragazzona vista per strada, sulle cui curve e morbidezze rotonde il tuo sguardo non ha potuto fare a meno di incollarsi rapito, ed una spigolosa top-model o l’attricetta di turno, che “ti devono” piacere perché “lo ha detto” qualche guru della moda o peggio un mago del marketing.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

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http://luchorosarigasino.blogspot.com


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Rosa ha detto...

Il post è bellissimo (adoro quelle "male grinze") ma che ti hanno fatto i maghi del marketing, porelli? A volte i molto osannati e vituperati "creativi" sono interpreti geniali e fan cose belle (per esempio questa), e non è che Raffaello non dipingesse per la committenza...

Gillipixel ha detto...

per Luis: grazie della mariposa, mucho carina y ingeniosa :-)

per Rosalux: è vero, a volte son troppo assolutista...quando si considera una categoria non va mai dimenticato che ci sono in mezzo i buoni, i cattivi, i mediocri, e tutte le sfumature :-)