venerdì 5 settembre 2008

Learning to fly

(Foto di Gillipixel)

“…A volte il profumo di una saponetta (o di qualche altro oggetto di uso domestico) mi riporta improvvisamente alla mente un ricordo d’infanzia o un luogo dimenticato. E allora mi scopro a pensare quanti altri ricordi sono profondamente nascosti nei recessi del mio cervello; in realtà mi sembra che il mio cervello sia l’ultima delle grandi terre sconosciute e provo una sensazione di stupore all’idea che forse un giorno vi scoprirò nuovi mondi. Immaginate il continente sommerso di Atlantide e tutte le isole dell’infanzia sommerse e in attesa di essere scoperte. Lo spazio interiore che non abbiamo mai esplorato adeguatamente. I mondi dentro i mondi dentro i mondi. E la cosa meravigliosa è che questi mondi ci aspettano. Se non riusciamo scoprirli è solo perché non siamo ancora riusciti a costruire il veicolo giusto (nave spaziale o sottomarino o poesia) sul quale partire alla loro ricerca. E’ in parte per questa ragione che scrivo. Come faccio a saper cosa penso se non scrivo? E’ questo il sottomarino o la nave spaziale che mi porta nei mondi sconosciuti del mio cervello. Ed è un’avventura senza fine, inesauribile. Se imparo a costruire il veicolo giusto posso scoprire sempre più territori. E ogni nuova poesia è un nuovo veicolo, studiato per penetrare un po’ più a fondo (o per volare un po’ più alto) di quello precedente…“

Paura di volare.” - Erica Jong (1973)

La parola scritta può essere considerata come il medium conoscitivo più longevo, lo strumento di “accumulazione culturale” che conserva più fedelmente le proprie caratteristiche originarie. Un pezzo di pietra, papiro o carta, inciso o sporcato con sapienza dalla ripetizione di pochi tratti ai quali si è attribuito un significato condiviso entro un codice definito: questi grosso modo sono tutti i fondamentali adeguamenti storici ai quali questa forma di espressione comunicativa ha dovuto sottostare per poter continuare a rimanere uno dei principali strumenti di scambio informativo fra gli uomini. La stampa a caratteri mobili ha rivoluzionato il grado di diffusione, ma non ha in fin dei conti mutato la sostanza delle cose.

Niente di simile si può affermare riguardo ad altri supporti attraverso cui la conoscenza umana è stata nei secoli incanalata. Solo alcuni esempi. L’immagine: fra i graffiti istoriati sulle buie pareti delle grotte dall’uomo preistorico e la moderna dinamicità visiva del cinema, di mezzo ci passano centinaia di anni e di esperienze rinnovate, i corpi appiattiti nei mosaici bizantini, l’illusorietà prospettica con Piero Della Francesca, la fotografia e le attuali infinite possibilità offerte dal computer, solo per citare alcuni passaggi. Considerazioni analoghe si possono fare riguardo al suono. Nonostante l’assoluta impalpabilità che coinvolge l’ascoltatore, dato finale mantenuto costante in ogni epoca, anche la “conoscenza sonora” ha subito nel tempo notevoli mutazioni per quel che concerne i suoi aspetti materiali di sostegno: insieme agli strumenti utilizzati per produrre contrappunto, armonia sonora, melodia, musica, sono straordinariamente cambiate le forme e i modi di concepire il suono, basti prendere in considerazione solamente il centinaio di anni che ci hanno preceduti ed osservare che differenza passa tra un valzer di Strauss e certi passaggi strazianti segnati dalla chitarra distorta di Jimy Hendrix.

Nel caso della parola scritta, le cose sono andate diversamente. Nei tratti sostanziali della questione, si tratta ancora oggi del medesimo strumento usato da Dante e Boccaccio: la constatazione è tanto apparentemente insignificante ed oziosa, fino a che non si considera quanto è invece potente la forza evocativa e conoscitiva di questo che possiamo considerare fra tutti, come il più neutrale dei medium. La scrittura può contare solo su pochi elementi limitati per trasmettere significato, ma è proprio da questa caratteristica che trae la sua capacità universalizzante, in grado di assumere in sè tutte le altre espressioni di transizione informativa: non tratta elementi visivi, ma non di meno sa convogliare immagini senza limite; non ha a che fare direttamente con note, toni o rumori, ma è in grado di trasmettere suoni di ogni tipo, fatti scaturire direttamente nella fantasia del lettore; non si serve di odori, colori, né di gusto, è statica, ma non c’è niente di più normale che ritrovare tratti di una trasversalità sinestetica senza confini nei brani più belli e memorabili dei grandi narratori di tutti i tempi.

Per questa sua serie di peculiarità, la parola scritta partecipa dunque nel medesimo tempo di una grande complessità e di una stupefacente semplicità: è anche la più “democratica”, la più accessibile fra le forme di espressione umane. Dalla sua parte va messo in conto l’uso quotidiano della parola in senso lato, che trasmette a tutti i parlanti anticipazioni della familiarità che potranno continuare ad approfondire nella versione “nero su bianco”. Anche per questo motivo, la parola scritta continua forse a rimanere lo strumento più immediato, diretto e a disposizione di tutti, per avvicinarsi a forme alte di espressione artistica.

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