mercoledì 22 ottobre 2008

Ceci n’est pas une piPPe

(Foto di Gillipixel)


A se stesso

Giacomo Leopardi

Or poserai per sempre,
stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
in noi di cari inganni,
non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
palpitasti. Non val cosa nessuna
i moti tuoi, né di sospiri è degna
la terra. Amaro e noia
la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T'acqueta omai. Dispera
l'ultima volta. Al gener nostro il fato
non donò che il morire. Omai disprezza
te, la natura, il brutto
poter che, ascoso, a comun danno impera,
e l'infinita vanità del tutto.


Bella la Poesia, vero? Già…molto meno dell’ora legale però, che non mi è mai stata un granché simpatica, soprattutto in questi giorni che è in procinto di tirare gli ultimi, obbligando ad alzarsi praticamente ancora nel cuore della notte.

Direte che sembra un discorso da ubriachi. Sì, e allora, del cammello in una grondaia o dell’ombrello e la macchina da cucire, ne vogliamo parlare?

Ad ogni modo, “questa non è una pippa”, e così beccatevi la rubiconda rivisitazione dell’immortale componimento giacominico, rivoltato come un pedalino canzonatorio con il lato più puzzolente girato verso il molesto slittamento temporale.


All’ora legale stessa

Gilli Pixel

Or poserai per qualche mese,
stantia ora legal. Perì
la Crescita
estrema,
ch'eterna tu ti credesti. Perì. Ben sento,
in noi di vuoto Sviluppo,
non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per l’inverno. Assai
frangesti i corbelli. Non val cosa nessuna
gli sfasamenti tuoi, né di sospiri è degna
la sveglia. Amaro, dessert e caffè
la vita, altro mai nulla; e pausa pranzo è il mondo.
T'acqueta omai. Fai disperare
le ultime volte. Al gener nostro il fato
non donò che il dormire. Omai disprezzo
te, la finanza creativa, il brutto
poter che, utilitario, a comun levatacce impera,
e l'infinita vanità del Prodotto Interno Lordo.

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