giovedì 16 aprile 2009

Biografia, biografia, per piccina che tu sia…


Questa è una epifania del lettore “binaria” e “sulla fiducia”.
Dico che stavolta dovrete un po’ fidarvi di quanto vi racconto io, perchè considerata l’articolazione di pagine sulle quali il discorso si dipanava nei relativi testi, non riuscirei a citare brani sufficientemente circoscritti per suggellare il mio concetto odierno.
L’epifania è poi binaria nel senso che è nata da un incrocio di suggestioni derivate dalla lettura di due libri in contemporanea.
Così per inciso, questa è anche l’occasione per parlare di due diverse modalità possibili di lettura.
E’ meglio un libro alla volta, portato rigorosamente dalla prima all’ultima pagina senza altre distrazioni narrative? Oppure sono da preferire tante letture in parallelo, più libri tenuti alla briglia fianco a fianco, come fa il cavallerizzo acrobata del circo, puntando i piedi sulla groppa del cavallo centrale?
Da un punto di vista squisitamente teorico, la migliore per me sarebbe la prima strada: leggere un solo libro dall’inizio alla fine. Ne guadagna la coerenza, affronti un mondo narrativo con maggiore armonia, tenendo a mente più dettagli che si inseriscono meglio nel quadro degli argomenti trattati dal testo.
Ma si sa: come ricordavano le Storie Tese insieme ad Elio, «…tra il “dire” e il “fare” c’è di mezzo “e il”, e una rondella non fa primavera…».
Infatti sul piano pratico devo fare spesso i conti con una irresistibile attrazione bulimica verso la parola scritta e va a finire che mi ingolfo il comodino di libri assortiti.
A leggere più libri insieme, comunque, oltre al pericolo di fare un po’ di confusione, ci sono anche aspetti positivi. I concetti pescati nei vari testi, si contaminano, si mescolano, si contagiano, si ritrovano imparentati. E l’andata per pensieri ci guadagna.

Va beh, ora che il cane è stato ben menato per l’aia, veniamo al dunque.
Il dunque è la biografia delle persone.
Ciascuno di noi si tira dietro questo fantasma. Dico “fantasma” perché è vero che la nostra biografia ci è necessaria come bussola esistenziale, come boa di orientamento tra i flutti “identito-fagi” della vita, però se ci pensate su bene, in realtà la nostra biografia è la cosa più inconsistente che si possa immaginare.
Io oggi ho un modo di considerare i dati e gli avvenimenti che mi riguardano risalenti a 10 anni fa (per dire), che è magari già un po’ diverso da come li valutavo ieri, e diversissimo ancora da come me li raffiguravo un anno fa.
E tuttavia abbiamo bisogno dell’illusione che la nostra biografia sia salda, definita ed univoca.
Rassomiglia più ad un film dalle immagini mutevoli ogni volta che la andiamo a proiettare di nuovo nella nostra mente, ma abbiamo bisogno che sia circoscritta, misurabile e quantificabile come un luogo concreto. Perché la nostra identità si gioca praticamente tutta lì.

Prima ho detto che non avevo trovato brani sufficientemente sintetici per collegarmi a questo discorso, ma giusto adesso mi contraddirò pesantemente (oh…è pur sempre il mio blog e qui su mi contraddico finché mi pare).
La contraddizione però è solo apparente: i brani che citerò non sono infatti esaustivi della presente epifania del lettore, ma solo barlumi di essa.
Ecco il passaggio, tratto da uno dei due bellissimi libri letti all’unisono:

«…Quando prendo in esame la mia vita, mi spaventa di trovarla informe. L’esistenza degli eroi, quella che ci raccontano, è semplice: va dritta al suo scopo come una freccia. E gli uomini, per lo più, si compiacciono di riassumere la propria esistenza in una formula – talvolta un’ostentazione, talvolta una lamentela, quasi sempre una recriminazione; la memoria compiacente compone loro una esistenza chiara, spiegabile. La mia vita ha contorni meno netti, la definisce con maggior esattezza proprio quello che non sono stato…[…]… Mi studio di ripercorrere la mia esistenza per ravvisarvi un piano, per individuare una vena di piombo o d’oro, il fluire d’un corso d’acqua sotterraneo, ma questo schema fittizio non è che un miraggio della memoria…».

Memorie di Adriano
Marguerite Yourcenar – 1963

La “binarietà epifanica” è scattata poi con la lettura parallela di “Il codice dell’anima”, di James Hillman.
Passando in rassegna le autobiografie di tanti personaggi famosi (Henry Ford, Leonard Bernstein, Henry Kissinger, ecc.), Hillman segnala come molto comune fra questi ultimi il vezzo di aggiungere “ex post” alle proprie esistenze dettagli “non propriamente accaduti”.

«…”Più divento vecchio,” pare abbia detto Mark Twain “più vividamente ricordo cose che non sono avvenute”. …[…]…Le “falsificazioni” biografiche fanno parte dei fatti narrati tanto quanto i fatti in sé…[…]… Tutti noi veniamo inventati via via che viviamo, anche se non sembra esservi un filo coerente che leghi fra loro gli eventi casuali della giornata. I ricordi autobiografici forniscono quel filo. Retrospettivamente, l’infanzia acquista senso…[…]…Ma questo ricordare “cose che non sono avvenute”, come diceva Mark Twain, è falsificazione o rivelazione?...».

"Il codice dell’anima
James Hillman - 1996

La domanda di Hillman mi pare sia pienamente retorica.
Principale preoccupazione del grande psicologo Junghiano non è infatti quella di segnalarci l’essenza di “caga-balle” preminente in quei personaggi famosi.
Quel ricordare “cose che non sono avvenute” va intesa come “rivelazione”. E’ come se ciascuno di quei grandi, dopo aver percorso buona parte del cammino di sua vita, avesse più chiaro il “disegno” generale della medesima.
Sotto tale risvolto, il dettaglio inesistente aggiunto ad arte non rappresenta un gesto di arroganza millantatoria, ma è il necessario ingrediente per far comprendere ed onorare meglio la coerenza narrativa di un’esistenza, “più vera del vero” nella sua essenza “sovrastorica”.

5 commenti:

farlocca farlocchissima ha detto...

gilly, qui ci vuole un saggio di 100 pagine non un post :-) mi hai tirato fuori una montagna di cose di cui parlare... la modalità di lettura (e qui si apre il primo dibattito), le due citazioni meravigliose da cui si potrebbe aprire un simposio sulla meraviglia ... la memoria ... aiuto!
comunque io spesso leggo più libri simultaneamente ma un solo di narrativa il resto saggi... copusse dice l'oracolo, secondo te perché?

Gillipixel ha detto...

eheheehhe...infatti, Farly...come si noterà anche dalla frammentarietà proteiforme di ciò che ho scritto, pure io mentre ero alla tastiera facevo fatica a domare i mille rivoli di pensieri che mi sgorgavano fra sinapsi e neuroni :-)
anche io leggo diversi libri insieme ed è una buona tattica quella che dici, ossia fare in modo di dedicarsi a tipologie di narrato differenti, per trovare di volta in volta piccole oasi di diversità su cui variare quando si è un po' appannatti sullo stesso libro...boh, non so se si è capito cosa voolevo dire :-)
copusse mi fa venire in mente una contraddittoria "fascinazione-repulsione" verso un turbinio di odori esotici :-)
oppure, una equanime condivisione delle reciproche puzze? :-D
pensa che a me invece dice ceablen...questa sì che non l'ho capita :-)

farlocca farlocchissima ha detto...

ceablen, scomponi ce a blen, ovvero è arrivata blen amica di blin che copusse con vari amici, nel senso che condivide puzze e odori vari con allegria e varietà va be', più seriamente, forse varrebbe la pena di acchiappare ciascuno degli spunti e parlarne, il brano delle memorie di adriano (libro letto e riletto e presto ancora riletto) apre una via straordinaria... ora ci penso su... rowsers si dice qui row=riga sers=boh :)

Gillipixel ha detto...

dai, Farly, che ti vedo in forma pensieratoria straordinaria :-) scrivi presto cose da questi spunti, che sarà un piacere leggerle :-)
rowsers...che sia una nuova razza di cani addestrata a diventare seria di fronte alle righe di testo? :-)
moningse :-) uhm...questo mi ricorda un certo emoticon non proprio di classe :-D

farlocca farlocchissima ha detto...

:-D effettivamente evoca :-) impac infatti dice l'oracolo, ovvero è d'impatto come il su citato emoticon... per la scrittura un po' profonda tocca aspettare per ora sono ancora a forma di sedia e scrivere con le rotelline (della sedia) viene di schifo