martedì 23 giugno 2009

Adorno gillipixato 1: MARIONETTE DI SENSO


L’ultima volta che ho scritto qui su, mi sono messo a citare “roba difficile”.
Non è stato tanto per fare lo snob (…o forse anche un po’, va beh) e neppure il saccente, o l’intellettualoide de’ noantri. Il punto è che trovo molto affascinante inoltrarmi fino ai confini estremi dei concetti, provando a vedere quanto in là ci si possa spingere, forzando significati e sensazioni mentali. Tutte le frasi di Adorno che ho riportato trattavano in fin dei conti proprio di questo affascinante aspetto del pensare.
Diverse voci di gentili lettrici (leggi Farly e Maffy) mi hanno tuttavia fatto notare quanto ardua fosse l’argomentazione del buon Teddy Adorno. Mi è venuta così l’idea di riprendere alcune delle “mini-tesi” contenute in quelle frasi (così come le ho estrapolate dal discorso generale di Adorno) e cercare di approfondirle un po’ a modo mio. Con la speranza di non incasinare le cose ancora di più…

***


«...la filosofia non possiede il suo oggetto, ma lo cerca. [...]...Ciò è connesso con il momento dell'espressione: essa vuole esprimere con il concetto ciò che non è propriamente concettuale.
Se la famosa frase di Wittgenstein afferma che bisogna dire solo ciò che si può esprimere chiaramente, ma sul resto si deve tacere, direi allora che il concetto di filosofia significa precisamente l'opposto, e che la filosofia è lo sforzo permanente e quanto si voglia disperato di dire ciò che a rigore non può essere detto.

"Terminologia filosofica" Theodor W. Adorno - 1973

Il focus di questa mini-tesi è il termine “espressione”.
Forse per capire meglio può venire utile un parallelo con il mondo della matematica: espressione è una parola usata anche lì. E proprio la differenza fra come essa è intesa dalle due discipline può fornire utili indizi.
In matematica si presuppone che il significato connesso ad una certa espressione intrattenga con questa un rapporto biunivoco. Da una parte sta l’espressione, dall’altra il suo significato: afferri l’espressione, dai uno strappo, e in virtù di un solo filo di collegamento ti tiri dietro anche tutto il significato. Stessa storia nell’altro verso: tiri il significato e prima o poi, risalendo sempre lungo lo stesso filo, ti ritrovi in mano l’espressione di partenza.
In filosofia non è così. Lì, l’espressione e il suo significato sono messi in comunicazione da tanti possibili fili. Più l’espressione è complessa, più fili si aggiungono. Tanto che alla fine il significato lo possiamo vedere come una sorta di marionetta governata dall’espressione.
Nella terra di nessuno che si estende ben oltre i confini della “significazione” codificata dal senso comune, si aprono territori nei quali la marionetta del significato si presenta appigliata a moltissimi fili. Nel caso dei concetti più articolati e complessi, i fili della marionetta corrono il rischio di allungarsi nel vuoto, senza riuscire ad attaccarsi ad alcuna propaggine di significato.
L’appiglio per quei fili nessuno sa se esiste e dove trovarlo di preciso. Nondimeno nella natura dell’uomo è instillato questo istinto, questo “amore per la sapienza” (“φιλειν” e “σοφια”), che spinge a ricercarlo. E’ questo il punto in cui la filosofia si ritrova nella situazione in cui «...non possiede il suo oggetto, ma lo cerca…».
Per le domande il cui oggetto è situato alle distanze più remote, forse non esisterà mai risposta, perché la loro portata è tale da sfuggire agli strumenti del ragionamento umano. Ed è in questo passaggio che si racchiude l’aspetto più disperato e al contempo eroico della ricerca filosofica: l’irrefrenabile impeto a dover cercare comunque «…di dire ciò che a rigore non può essere detto…», l’insana saggezza che spinge a voler «…esprimere con il concetto ciò che non è propriamente concettuale…».

6 commenti:

farlocca farlocchissima ha detto...

mannaggia, sarà la distanza dal suolo patrio, sarà contaminazione da pragmatismo americano, ma a me viene da riassumere il tuo splendido scritto in: a farsi le seghe mentali con troppo impegno ad un certo punto non si sa più bene di cazzo si stava parlando...

ANTONELLA ha detto...

.. prima vivere poi filosofare.. ma forse è la stessa cosa.

Gillipixel ha detto...

@->Farly: mannaggia, allora è andata proprio come temevo: ho fatto ancora più casino, invece di portare qualche lumicino di senso in più :-)
eppure...ebbene sì, lo confesso: la cosa più bella della filosofia, per me, sono quei momenti in cui si arriva a non capirci più una beata mazza :-D

Gillipixel ha detto...

@->Antonella: direi che sì, vivere e filosofare sono due aspetti di una stessa faccenda inseparabile :-) ecco, c'è da dire una cosa che mi riguarda: se già a filosofare faccio fatica, a vivere sono ancor più franoso :-D

farlocca farlocchissima ha detto...

gilly, vivere è sopratutto sentire, sentire fin nelle ossa le cose, e la filosofia e il web non aiutano poi molto in questa direzione. ti cito il pessoa: Non basta aprire la finestra
per vedere la campagna e il fiume.
Non basta non essere ciechi
per vedere alberi e fiori.
Bisogna anche non avere nessuna filosofia.
Con la filosofia non vi sono alberi: vi sono solo idee.
Vi è soltanto ognuno di noi, simile ad una spelonca.
C'è solo una finestra chiusa e tutto il mondo fuori;
e un sogno di ciò che potrebbe essere visto se la finestra si aprisse,
che mai è quello che si vede quando la finestra si apre.

Gillipixel ha detto...

sono d'accordo, Farly...ma se filosofare arreca godimento, perchè non farlo?...altro discorso è rimanere chiusi in quell'ambito esclusivo di monotonia mono-dimensionale :-) certo...se si può, sarebbe l'ideale riuscire a fare tutte e due le cose: avere esperienze e filosofarci e culturalarci su :-) però bisogna essere bravi per quello :-)