giovedì 20 gennaio 2011

Getting down from the pear tree


Non so se nel vostro corredo intellettuale è disponibile il concetto del “venire giù dal pero”.
Forse la cosa non è così scontata, primo perché questa nozione deriva da un modo di dire tipico di taluni dialetti (e segnatamente di quello Gillipixilandese), e in secondo luogo, per via del fatto che a partire da quella espressione, la relativa categoria di pensiero folcloristico-culturale l’ho coniata io medesimo.

Di sfuggita avevo già introdotto questo concetto in altre occasioni, quindi potrà capitare che mi ripeta in alcuni passaggi, ma oggi lo volevo approfondire sotto certi aspetti particolari. Prima però serve un rapido ripasso.

L’espressione “venire giù dal pero” (nell’originale gillipixilandese: “…vĕgnar śò dal pér…”) si rivolge all’indirizzo di qualcuno che s’intende invitare ad essere meno pretenzioso, a comportarsi più “terra terra”. Per capirci un po’ meglio, è l’equivalente del “parla come mangi”, però riferito al comportamento anziché al linguaggio. Sta insomma per: “…Ridimensionati!...Frena Ugo, ferma il tram!!!...”.
In poche parole: “…Vieni giù dal pero!...”.

Mutuando un simile significato, con la ricchezza di sfumature che solo certe immagini vernacolari sanno recare con sé, mi è sembrato simpatico traslarlo in ambito artistico-creativo, aggiungendovi però alcune connotazioni leggermente più impegnative.

Come dicevo, questi pensieri li ho già visitati in altri articoletti, ma oggi li sviscero un po' meglio.
Quando una persona decide di intraprendere la via della creatività, soprattutto in certi ambiti, come la narrativa romanzesca, la recitazione, la composizione e l’esecuzione musicale o canora, è come se scegliesse di calarsi in una dimensione “sacrale”.
Da quel momento in poi scatta un “meccanismo” che presuppone la condivisione di una dimensione “esistenziale parallela” a quella ordinaria, condivisione accettata in primo luogo dall’autore dell’opera creativa, e in secondo luogo da chi ne “usufruirà” (il lettore, lo spettatore, il melomane, ecc.).

Per fare un esempio diretto: non sta nelle “regole del gioco” mettersi a leggere «Il processo» di Franz Kafka e poi lamentarsi delle atmosfere paradossali che dalla sua prosa promanano. Lettore e scrittore hanno stipulato una sorta di tacito accordo, in base al quale si finge di accettare di calarsi nei meandri di una certa assurdità, si tollerano situazioni surreali, perché fa parte di quel “provvisorio mondo nel mondo” che l’arte si prefigge di creare momentaneamente, al fine di capire meglio la realtà.

E’ quella la dimensione “sacrale” di cui parlavo prima. Essa ricorda molto la “lucidità del folle”, è un ambito di pazzia controllata entro cui sono leciti comportamenti e pensieri anomali rispetto al “normale” modo di agire condiviso dagli umani, quando invece compiono le loro azioni nella vita di tutti i giorni. Artista e spettatore partecipano così ad una sorta di rito entro il quale è lecito essere “altri da sé”, per capire meglio se stessi.

Capita tuttavia a volte che l’immedesimazione nelle atmosfere di questo rito, soprattutto dalla parte di chi lo “celebra” (ossia l’autore, lo scrittore, il cantante, l’attore, e così via) si riveli così pervasiva, così coinvolgente, così totalizzante, che dalla parte opposta di chi assiste al rito, sorge quasi spontaneo il desiderio di sentirsi sollevati ed esentati dal gravame della finzione, proprio perché essa può toccare apici talmente estranianti da risultare quasi intollerabile per il “fedele” che assista alla “funzione” (ossia lo spettatore, il lettore, l’ascoltatore, e così via).

La definirei quasi una reazione opposta e contraria, scaturita per eccesso di emotività accumulata. E’ a quel punto che rientra in scena la mia espressione dialettale, laddove lo spettatore, giunto a quel grado estremo di “bollitura creativa”, si sente quasi in obbligo di invocare il salvifico: “…Artista / scrittore / attore: ma vieni giù dal pero!...”.

Ammesso e poco concesso che il discorso sino a questo punto sia stato sufficientemente chiaro, la cosa più buffa e curiosa scatta nel momento in cui si prendono in considerazione certi artisti o esponenti del mondo della creatività, che, vuoi per “calcolo spettacolare”, oppure vuoi per la genuinità della loro indole poetica, sembrano messi lì apposta per rimanere perennemente “in cima al pero”. Non escono mai dallo “spazio sacrale”, non interrompono mai il “rito”, si ritrovano perennemente ad “officiare” la loro “funzione” avvallata dai crismi della finzione.

Sommo maestro di questa attitudine è stato il vulcanico Carmelo Bene.
Forse nessun altro esempio di artista, almeno fra quelli che ho presente io, mi ha ispirato più fortemente quel moto interiore al quale si stenta ad opporre una qualche forma di resistenza e che t’induce a sussurrare fra te e te: “…Ma vieni giù dal pero!...”.
Quando vedevi Carmelo in tv (ed immagino che l’effetto fosse mille volte amplificato assistendo alle sue performance dal vivo), dopo aver sorbito per un po’ della sua loquela magmatica ed eruttiva, ti sorgeva dentro, irrefrenabile, la voglia di dirgli: «…Carmelo, ti prego: parliamo un po’ del tempo. Ti scongiuro: dimmi che le mezze stagioni non ci sono più. Dimmi se preferisci il sugo o il ragù nella pasta asciutta. Carmelo: vieni giù dal pero!...».

Si badi però che è importante sottolineare la fondamentale differenza fra il primo modo d’intendere l’espressione, quello originario dialettale, e il secondo modo, quello calato in ambito artistico. In questa seconda accezione infatti, sparisce quasi completamente la pretesa di esigere da parte dell’artista, “auspicato discendente dal pero”, un ridimensionamento di comportamenti.

Magari è presente anche un pizzico di questa sfumatura di significato, ma non è tanto quella che importa. Quello che si esige non è tanto un ridimensionamento: si auspica piuttosto un “de-dimensionamento”, l’uscita da una certa dimensione.
Di base, non c’è insomma un giudizio di merito, non è perché l’artista è cane o sgradevole.
Tutto accade invece come in una sorta di sogno dal quale si vuole uscire, perché ha raggiunto picchi di intensità tali (sia di piacevolezza, sia di saturazione emotiva, e così via) da farci sentire il bisogno di destarci per l’eccesso d’emozione e di disorientamento patito rispetto ai propri ordinari confini di ragionevolezza, alle proprie familiari coordinate di presa d’atto della realtà. Per assurdo, può essere anche vista come una dimensione che fa male per la troppa bellezza emessa.

Altro supremo “avvinghiato al pero”, pur non essendo propriamente un artista, è il critico cinematografico Enrico Ghezzi. Sono due personaggi molto distanti, sotto vari aspetti, ma forse Ghezzi batte addirittura Carmelo Bene, in fatto di stimolazione indotta nel pubblico ad invocare la sua discesa dal pero.

Una volta, non ricordo bene se in una vignetta di Stefano Disegni o da qualche altra parte, ho sentito (o letto, o visto…) una scenetta molto divertente riguardante Enrico Ghezzi.
Si ipotizzava che a fine giornata, una volta terminate le sue apparizioni pubbliche e televisive su Rai3, infarcite di quei fluviali discorsi che spesso e volentieri sbaragliano il muro del suono dell’incomprensibilità e dell’incomunicabilità, Enrico Ghezzi si ritirasse finalmente nell’intimità della sua casa, con i familiari, e serrando ermeticamente porte e finestre in modo da escludere l’ascolto di estranei, lì si lasciasse andare a pronunciare le frasi più banali e scontate del mondo, tipo “…passami il sale…”, “…mannaggia la pupazza che caldo ha fatto oggi…”, “…aaahhh! Però come si sta bene in canottiera…”, e via così banaleggiando su questo tono, in santa pace.

Insomma, di grandi “maestri” domiciliati con fissa dimora sul proprio pero artistico, ce ne sarebbero tanti da citare. Mi limito a concludere ricordando solamente un altro esempio notevole, rappresentato dal gruppo metal americano degli Slipknot (dei quali agevolo un filmato in chiusura di questo articoletto).

Non so se li conoscete. Io non molto, a dire il vero. Ma mi è bastato vedere poche immagini delle loro esibizioni live, per classificarli subito fra i più assidui asserragliati fra le fronde del pero. Come si fa ad immaginare delle “sagomacce” simili, nella loro vita quotidiana al di fuori del palco, mentre magari, per dire, sbocconcellano una cotoletta alla milanese, oppure tagliano l’erba del prato, o raccolgono le ricevute per la denuncia dei redditi?

Con tutta la buona volontà e l’immaginazione, io sinceramente non ce la faccio.
Sempre per dire, li vedo molto meglio intenti a sbranare cruda una costata di manzo sanguinolenta, magari dopo essersela procurata direttamente a mani nude dal manzo medesimo (e senza avergli chiesto il permesso), oppure mentre curano il giardino col lanciafiamme, o ancora, tutti dediti a torturare il commercialista perché escogiti le più diaboliche malizie antifiscali.

Ma bisogna anche capirli, certi artisti sono fatti così: giù dal pero, si trovano spaesati.


4 commenti:

farlocca farlocchissima ha detto...

eh be' a uno che ci hanno messo nome carmelo e che però è geniale, solo dalla cima del pero può esprimersi, a mo' di barone rampante. il ghezzi invece me lo spiego meno, mi sa più di compulsione, di diarrea verbale, come barone rampante ce lo vedo poco. Per quel che concerne gli Slipknot invece la cosa è chiarissima: portano la maschera così quando vanno in giro con il passeggino e il pupo o a far la spesa nessuno li collega a quelli del palco (o pero) dal quale si esprimono.
ve' che tutto si spiega
bacini ortofrutticoli

Marisa ha detto...

Beh, che Carmelo Bene fosse sul pero mi sta bene e mi sembra che fosse il posto giusto per lui.
Ad onor del vero gli ho sentito fare delle cose di gran classe e comunque un personaggio da palcoscenico deve vestire delle caratteristiche un po' sopra le righe.
Per quanto riguarda gli Slipknot il cui nome mi ricorda stranamente Scilipoti non mi pare siano appollaiati sul pero bensì sono degli imbecilli che fanno solo scena ed evidentemente hanno trovato la formula giusta per avere così tanto consenso di pubblico.
Comunque caro Gilli, mi rivolgo a te e devo dirti che a volte anche tu mi sembri appollaiato in alto non sul pero ma sulla casetta di legno fra gli alberi.
Sarà la stessa cosa? :o)

Gillipixel ha detto...

@->Farly: ehehheh :-) è vero, cara Farly, a ben guardare tutto si spiega :-) In effetti Ghezzi rimane un mistero forte...ma che minchia dirà mai, poi? :-) Boh...però mi sta simpatico :-) Anche per fare il parlante criptico bisogna essere capaci :-) e lui è un maestro...

Però sarebbe forte se invece gli Slipknot se ne andassero in giro per strada col pupo anche lui conciato alla loro maniera :-) Sarebbe un modo come un altro per demolire la loro immagine di duri :-)

Bacini criptici :-)

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: cara Mari, prima di tutto ti dico che un po' t'invidio per aver visto Carmelo Bene "officiare" dal vivo :-)
Non ho precisato bene nell'articoletto, ma io mi riferivo piuttosto ai suoi interventi fuori dal palco: era lì che dava il meglio della sua maestria di dimorante sul pero :-)

Gli Slipknot (o Scilipoti che dir si voglia :-) non è che piacciano tanto nemmeno a me...come si può immaginare, non sono esattamente il mio genere :-) però ci andrei piano a definirli semplici imbecilli...certo, lo si può fare, ci mancherebbe :-) ma come in ogni occasione in cui incappo in fenomeni apprezzati da tanta gente, e che io capisco poco, sono mosso più dalla curiosità che dalla tentazione di stroncare il fenomeno come boiata di turno :-)

E' vero, è vero, sono il tipo da starsene spesso nella propria casetta sopra gli alberi :-) Ma questo è il taglio che mi piace dare al mio blog...se parlassi di attualità e dei suoi problemi, di cose serie insomma, non essendo io un critico particolarmente acuto su questi temi, finirei per dire solo delle banalità, quelle che sanno dire un po' tutti...per riuscire a dire cose un minimo originali, è dunque meglio che me ne sto nella mia casetta sopraelevata :-) Che poi, se uno ci guarda bene dentro, ogni volta dico cose serie pure io, solamente che le ammanto di vaccate :-) Il più è saper scremare la parte buffonesca da quella più importante :-)

Bacini sulle nuvole :-)