lunedì 2 gennaio 2012

Io ballo da solo


«...With the birds I'll share
this lonely view...».
Scar Tissue - Red Hot Cili Peppers - 1999

******* 

Ve l’ho già raccontato altre volte, mi pare. Il fatto è che io difficilmente rido per i motivi degli altri. Non so come mai sono riuscito fuori così strano. Ho la tendenza a sentirmi spesso sulla riva opposta rispetto a tutti, o quasi tutti. Badate, non voglio fare lo snob o il “raro”. Sono ben consapevole della mia condizione di “bastardo qualsiasi”, e se c’è un tizio ordinario e banale al mondo, nella vita quotidiana, quello sono proprio io.

Metti che ero ad una festa, le “non tante” a cui sono andato. Gli altri magari si divertivano, per dire. Io invece, dopo aver setacciato, dalla varia umanità diffusa nella stanza, la persona più scarsamente “alla moda” disponibile, mi mettevo in un angolo con lui, o con lei, a scuoterci di dosso la frivolezza. In altre situazioni invece, quando la festa denotava quasi da subito una riuscita non esattamente felice (…capita), era proprio la volta buona che mi veniva da fare il matto, sparare boiate surreali, in perfetta distonia con quella cacofonica atmosfera festaiola mal riuscita.

Al liceo, ultimo anno, facemmo una gita a Vienna. C’era un nostro amico, genialoide nelle materie umanistiche, anche gran compagnone quando voleva (faceva imitazioni straordinarie e molto buffe dei professori…), ma che di fatto venne in qualche maniera lievemente emarginato. La sua eccentricità, a lungo andare, era stata bollata dalla “mediezza” del clima sociale di classe, come “non alla moda”.

Per farla breve, una volta in albergo a Vienna, ci sono da dividere le stanze, tra le quali anche una singola. Indovinate a chi toccò in sorte il solingo ricettacolo, dopo aver tirato le ideali pagliuzze dei semi-accordi clandestini fra usuali vicini di banco e piccoli clan trasversali interclassisti. Ma all’eccentrico amico in questione, ovvio. In questo modo, venne tagliato fuori da tutti gli aspetti goliardici della gita: scherzi notturni fra camerate, idiotesche prodezze per ingraziarsi la simpatia delle ragazze (nella malcelata speranza di combinare qualcosa, sempre regolarmente andata buca…), telefonate fra le stanze, e tutto il “caciaroso” armamentario “gitesco” usuale, insomma.

Risultato: la prima notte, delle tre o quattro in programma, la passo senza chiudere occhio, rompendomi anche notevolmente le palle di quel divertimento che non sentivo per nulla mio, tanto era forzato e stiracchiato al limite di un imperativo da coatti della risata a tutti i costi. Con conseguente giornata appresso, da me trascorsa a deambulare come uno zombie per le vie della grande capitale di Cacania (cit. Robert Musil), perdendomi la bellezza di tante cose, datal’eccessiva distrazione imposta dalla sonnolenza.

Così mi viene l’idea: ma insomma, abbiamo in classe un gran campione della giocosità amicale e lo teniamo relegato in quella stanzetta isolante, mentre si mette nella partita un brocco sociale come il sottoscritto. Non ci ho pensato su un minuto e la sera dopo, ho proposto all’amico di fare cambio posto-letto. La gita è proseguita benone, l’amico inizialmente reietto è stato reintegrato nei ranghi, traendone peraltro un discreto giovamento sul piano del ripristino della relazione con tutta la classe, mentre io, staccato il telefono, mi sono fatto delle eccelse ronfate viennesi così armoniche, che se fosse passato di lì uno dei fratelli Strauss, ci avrebbe senz’altro ricamato sopra lo spunto per un valzer memorabile.

Tutto questo per dire, insomma, che tendenzialmente mi fanno ridere cose solo mie. Ci devo trovare dentro la stranezza, la contraddizione sottile, la stonatura strisciante della vita, per riuscire a farmi prendere dalla molla del comico. Al cinema, le volte che si è a vedere, mettiamo, una pellicola brillante, difficilmente mi unisco al coro delle risate della platea, quando piovono giù massive. La cosa buffa è che mi guardo anche bene dal suscitare sospetto nei vicini di posto, e simulo sorrisi di copertura, perché un po’ mi vergogno della mia eccentricità comica. La risata sonora però non la so simulare, per cui potrei essere sbugiardato in ogni momento per offesa al comune senso del comico.

Capita poi quella scena secondaria, quel dettaglio che nessuno se lo fila, e mi puoi vedere lì mezzo piegato sullo schienale, mentre cerco di reprimere i moti convulsi, rido di dentro, solitario ed esclusivo eroe disperso nel deserto dell’assenza di ilarità altrui.

Una delle volte che risi più irrefrenabilmente nella mia vita, ero ancora un ragazzino, e probabilmente il motivo scatenante non avrebbe fatto ridere nemmeno uno “sghignazzone” professionista abituale, sollecitato sotto le piante dei piedi con mille piume.

Con mio fratello, antico sodale di risate nostrane, ascoltavamo la radio. Incappammo in un canale che trasmetteva brani classici, Radio3 credo fosse, sempre che all’epoca esistesse già. Tra un brano e l’altro, lo speaker serioso, annunciò una cosa tipo: «…Abbiamo trasmesso un pezzo da “L’italiana in Algeri”, di Gioacchino Rossigni. A seguire, dello stesso autore, una romanza tratta da “Un turco in Italia”…». Lo scatto della catapulta comica si giocò in un attimo veloce come il lampo: si udì una valanga convulsiva strozzata nella voce dell’annunciatore, che preso da raptus ridente si era evidentemente buttato a testa bassa sotto il microfono, non abbastanza rapido tuttavia da non lasciare dietro sé una inconfondibile eco di sghignazzata repressa. Poi solo il silenzio, per lunghi eterni secondi.

Io e mio fratello ridemmo come due fessi matricolati: «… “L’italiana in Algeri”…“Un turco in Italia”…BWHAHAHRAHAHAH!!!...». Ma non era tanto quella candida constatazione di lirico ed involontario scambio diplomatico internazionale tra due opere, che ci faceva schiantare. Era invece il fatto che non c’è nulla di più risibile di un tizio che diventa verde dalle risate trattenute. Perché immagini tutte le volte che è successo a te. Quando magari in una situazione seriosa, se non tragica, una distonia esistenziale si è insinuata così vigliaccamente alle porte della tua fantasia, tanto che mai come in quei momenti ti è sembrato così “buffonicamente” insensato essere vivo ed umano.

6 commenti:

ross ha detto...

Andandoperpensieri ho trovato il 31 12 2008.il tuo pensiero numerico affettivo :il 2007 scattante sportivo, il 2008 cicciotto, il 2009 con quella gambetta.Il 2011 è finito con un bel vaffanculo, .E il 2012?? mi manca.

Gillipixel ha detto...

@->Ross: ehehehehe :-) grazie di cuore, Ross, per tutto il tempo che dedichi alle mie boiatine :-) Forse, da un punto di vista del marketing bloghesco non è molto efficace, forse anche qui è come in amore: vince chi fugge...ma io non sono mai stato uno stratega nè un calcolatore in nulla, quindi te lo dico proprio papale papale: è sembre bellissimo sapere che qualcuno si prende a cuore ciò che scrivi, mi lusinga da matti :-)

Grazie davvero tanto...per il 2012, hai ragione, non ci ho ancora pensato...vedo se mi viene in mente qualche vaccata degna di questo nome :-)

Bacini cicciotti :-)

ross ha detto...

Mi piace molto anche Vanessa. Chi scrive bene pensa bene. l'autocompiacimento è inevitabile per qualunque scrittore.Ma per scrivere bene è indispensabile dominare il narcisismo , avere il coraggio di rimuovere l inessenziale, non cadere nel tranello del lessico iniziatico , e nelle archittetture barocche.Occorre esercitare un controllo inflessibile ,senza per questo tentare una illusioria , impossibile semlpificazione di tutto e a tutti i costi. tu lo fai, anche Vanessa.

Gillipixel ha detto...

@->Ross: la prosa di Vanessa la adoro, Ross, è un misto ottimale di sensibilità, ironia, tenerezza, coraggio esistenziale...sono iper-d'accordo con te :-) lei ha proprio una penna di livello superiore...colgo l'occasione per invitarti a far crescere il tuo blog neonato :-) sento che potrai fare bellissime cose :-) e, ah, grazie per i complimenti...sono molto lusingato di nuovo :-)

Bacini ai blog in crescita :-)

farlocca farlocchissima ha detto...

let's dance gilly! ci sono dei buoni motivi per essere chimera. Ho fatto la tappezzeria alle feste, ho riso al momento sbagliato, ho dormito mentre gli altri sgavazzavano... ma mai in modo così poetico come hai fatto tu.

baci diversamente normali

Gillipixel ha detto...

@->Farly: ehehehehe :-) grazie cara Farly...un po' lo sapevi già che in fatto di normalità diversa sono un asso :-)

Bacini sfasati nei tempi :-)