martedì 14 febbraio 2012

Made in Chirmany




Da gran cultore dell’«Inutile» qual io sono, non manco mai di spaziare negli ambiti della gratuità anche più impensata. Uno dei miei terreni di sfogo più fertili in questo senso è sempre stato quello degli ammennicoli vari di cancelleria: biro dalle forme strane, pastelli di ogni materiale, gomme spuzzettose e così via. Nel corso di tutta la carriera scolastica, mi hanno sempre appassionato certi dettagli, negli strumenti di lavoro studenteschi, quasi esclusivamente legati ad un aspetto estetico puro. 

Più erano inutili, più mi solleticavano la fantasia. 

Fra i miei sogni di bambino c’è sicuramente sempre stato il “matitone rosso-blu”. Avete presente? Non è niente di particolare: un normale lapis di legno, però di sezione doppia o tripla rispetto ad una matita comune. Al posto della mina grigia, poi, a fare da materiale scrivente, c’è un’anima di impasto blu da una parte, e rosso all’altra estremità. La cosa che mi ha sempre affascinato di questo matitone sono innanzitutto le sue dimensioni fumettistiche, tanto che, per dire, lo vedresti benissimo in mano a Paperoga, mentre è in giro nei vicoletti di Paperopoli a prendere appunti per scrivere un articolo sul «Papersera».

E poi, l’aspetto più bambinescamente intenso della sua bicolorità sta nel fatto che non solo con agevole gioco di dita puoi passare, in men che non si dica, dal lasciare segni blu all’imbrattare il foglio di rosso. Ma soprattutto, la cosa magica è che la punta si fa da tutti e due gli estremi. Sembra un dettaglio banalmente scontato, ma se siete stati davvero bambini, non faticherete a capire che non è così. Perché, tra l’altro, se bambini siete veramente stati, non vi sarà nemmeno sfuggito l’enigma degli enigmi che da sempre “in-legna” l’essenza stessa del “matitone rosso-blu”: avendo cura di tener bene temperata la bi-punta all’unisono e con una certa regolarità, dov’è che s’incontreranno le due anime bicolor del matitone?

Come tanti miei sogni tuttavia, anche quello del “matitone rosso-blu” è rimasto per anni in sospeso, irrisolto. Poi, crescendo, l’innamoramento matitonesco mi era un po’ passato e quasi non ci pensavo più. Finché un giorno di non tanto tempo fa, quando ormai i miei sogni avrebbero dovuto essere strutturati attorno a questioni ben più articolate, all’uscita di un negozio, credo fosse una libreria, mi pare a Milano, proprio nei pressi della cassa (il più periglioso luogo per subire ferali agguati da parte degli acquisti futili…), c’era un bussolotto ricolmo di fantastici “matitoni rosso-blu”. 

Non ho resistito e subito me ne sono preso senz’altro uno: non era nemmeno di quelli ordinari, ma proprio un matitone di gran lusso, della Faber-Castell e tutto, fatto in Germania. Una roba che, ad averla avuta da bambino, pur continuando demis-roussos-ianamente a ricordare a me stesso “…profeta non sarò…”, perlomeno però sarei forse potuto diventare un adulto migliore.

La questione è che con il “matitone rosso-blu”, se ad un certo punto vuoi continuare ad usarlo, ti serve il “temperone”, altro fantastico fronzolo inutilitario della nostra infanzia. Il “temperone” è un temperino a due fori: uno per le matite borghesi ed un altro pertugio “king size” atto ad accogliere quel gran ganzo di un super-dotato del matitone. Per farla breve, avevo già un “temperone”, ma non trovandolo più, mi sono deciso ad andarne a comprare un altro, ora che dispongo della piena padronanza dei miei sogni infantili.

Ed è stato una volta avuto in mano il mio nuovo “temperone” che, alla buon ora, mi sono imbattuto nella questione di cui vi volevo parlare oggi. Guardato dalla parte delle due piccole lame, anche questo nuovo “temperone” mi si è presentato nella sua piena fierezza teutonica: due bei “Made in Germany” campeggiavano infatti per il lungo dei piccoli piattini taglienti. Una sfumatura di dubbio non meglio precisata mi strisciava tuttavia nel sottoscala della mente. Solo col senno di poi ho capito che m’insospettiva il fatto del “Made in Germany” raddoppiato. C’era bisogno di ripeterlo, non bastava scritto una volta sola?


Il motivo l’ho scoperto solo vivendo, e girando il “temperone” dalla parte del suo retro: proprio in calce alla cassetta metallica, c’era infatti scritto il solito, questa volta più che mai sconsolante, “Made in China”. La scoperta mi ha stupito e recato un po’ di tristezza al tempo stesso.


Ora, se c’è un sommo ignorante economico a questo mondo, beh, state certi che quello sono proprio io, e dunque, invece di parlare, non dovrei far altro che andare a letto e coprirmi su bene. Non fate caso allora a quel che dirò: dal punto di vista della teoria economica, saranno senz’altro degli strafalcioni indicibili. 

Però, sarò padrone di dire che questa bi-faccialità di provenienze commerciali mi ha intristito? Mi ha fatto pensare al tanto osannato “Mercato”, facendomelo apparire ancor più come un arengo cialtronesco talmente pidocchioso, da costringere ormai chi vi opera, a produrre anche una cazzata così banale come può essere un umilissimo “temperone” (cinque pezzi cinque in totale di assemblaggio…), stiracchiando micragnosamente sul prezzo di ogni minimissimo dettaglio, pur di far risultare una strabollita fava di infinitesimale margine di profitto in più. 

Di certo non sarà stato così, però mi sono immaginato ipotetici tristi scenari imbastiti intorno a nobilissime lotte sindacali, miseramente perdute nel nome della delocalizzazione: facciamo le lame in Germania, ma le cassettine no, quelle le sanno fare meglio e meno care i cinesi. E magari (spero di no, ma come scenario ipotizzato nell’attuale panorama delirante, sarebbe del tutto plausibile…), sulla base di questo giochino hanno anche perso il posto dei lavoratori.

Sulla scia di questi pensieri sconsolanti, mi sono rituffato poi un attimo ancora nel mio vagheggiare dietro ragionamenti semi-bambineschi, domandandomi come la prenderà il mio “matitone rosso-blu”, questa faccenda del lasciarsi temperare da un articolo di così oriunda e bislacca fattura. 

Alla fine però, colto di nuovo da un accesso di real-politik de ‘sta cippa, mi è sovvenuto il quesito più beffardo di tutti: ma se le lamette le fanno in Germania e la cassettina in Cina, dove stra-minchia le faranno le due viti? 

2 commenti:

Vanessa Valentine ha detto...

In Polonia! (probabilmente...) è il mercato, baby.
I temperamatitone sono bellissimi, a volte un po' troppo capricciosi, per i miei gusti (hanno ghigliottinato senza pietà schiere di miei matitoni rossoblù...:))))manco Robespierre sapeva fare meglio! Hai presente quando parti cauta, a temperare, e pensi, se giro piano, la punta non si spezzerà, resisterà...eh, come no, si sente, tronc, e poi stai lì con lo stecchino a staccare il pezzo moncato. Che poi, il più delle volte è il legno della matita che è fatto male, la lama grippa perché il legno non è di qualità...:((((
Dimmi te, Gilli, cosa farà la gente quando si scriverà solo con le tastiere e gli smartphone, quando la carta scomparirà...poveri temperamatite, spariranno.:((((
Pouslare, dice Spotty...che suggerisca un verbo per temperare con maggior accuratezza?:)))))
Dovresti scrivere un libro che racconta la vita delle piccole cose, lo fai così bene!;))))

Gillipixel ha detto...

@->Vale: ehehehehe...ci avrei giurato che eri una super esperta di smatitonamenti, Vale :-) il fenomeno che mi descrivi, sino alla sconsolata soluzione finale con lo stecchino, mi è arcinoto :-)
Concordo con la tua diagnosi, in quei casi è la scarsità del legno a fare il danno, unita però anche alla fragilità degli impasti colorati: rispetto alle mine vere e proprie, sono meno compatti e tengono meno la stemperata :-)

Spero che il sapore della fisicità, anche legata a piccoli dettagli, non scompaia mai...lo so, gli indizi sono poco confortanti in merito, ma noi continuiamo a sperare che il fascino dello smatitonamento non verrà mai meno :-)

Grazie, Vale, sei sempre carinissima...in effetti, se mi mettessi a spulciare il mio blog fin dall'inizio, raccogliendo gli articoletti simili a questo, di materiale ne avrei già parecchio...può essere un'idea, grazie :-)

Pouslare è fantastico :-) può anche avere valenze erotiche...vuoi mettere dire alla morosa: sììì, dai, vieni qui che ti voglio pouslare tutta!!!

Ehehehhe :-) a' son pràn semo :-)

Bacini pouslati :-)