martedì 26 novembre 2013

Wittgenstein fa un balzello


Secondo Ludwig Wittgenstein non è dato mondo che non passi attraverso il pensiero. Allo stesso modo, non è dato pensiero che non passi attraverso il linguaggio. Come conseguenza inevitabile, le regole del mondo e quelle del linguaggio vengono a coincidere.

Ci sarebbe dunque da iniziare ad insospettirsi, e non poco, quando ci si accorge che qualcuno si è messo a manipolare il linguaggio. Se tanto mi dà tanto, si sarà messo nel contempo anche a manipolare il mondo.

Un campanello, che non era quello della ricreazione, bensì d’allarme (anche se sarebbe stato perfettamente in tema), si è messo a suonare qualche tempo fa intorno al mondo della scuola.

Proprio durante il periodo in cui la scuola iniziava a dar segni di voler andare assai volentieri in vacca, i nomi delle “categorie scolastiche” sono magicamente cambiati. Una volta c’erano l’asilo nido, l’asilo “e basta”, le elementari, le medie, le superiori. Erano nomi bei distinti, chiari per tutti. Quando ne citavi uno, si capiva al volo a quale fascia di età ti riferivi. Poi, ad un certo punto, ecco sbucare quelle minchia di diciture uniformanti, anonime ed appiattite: scuola per l’infanzia, primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado, o non so bene nemmeno io.

Copio pari pari, dalla relativa voce di Wikipedia (che immagino sia stata compilata da un qualche burocrate scolastico), il quadro riassuntivo dei periodi in cui sono state suddivise le vecchie elementari e medie:

«...Oggi la scuola primaria, con quella secondaria di primo grado, si compone di cinque periodi didattici:
• un monoennio iniziale, che comprende la 1ª classe della scuola primaria.
• il 1º biennio che comprende la 2ª e la 3ª classe della scuola primaria.
• il 2º biennio che comprende la 4ª e 5ª classe della scuola primaria.
• il 3º biennio che comprende la 1ªe 2ª classe della scuola secondaria di primo grado.
• il periodo didattico finale che comprende la 3ª classe della scuola secondaria di primo grado...».

A parte la ridondante macchinosità del tutto, vorrei mettere in guardia chiunque abbia un bimbo da mandare a scuola di questi tempi: tenete sempre ben presente che state affidando ogni giorno vostro figlio alle mani di gente che usa la parola “monoennio”!!!

Pensateci…secondo me non c’è troppo da stare sereni…

La burocrazia esistenziale, insomma: toglie ogni colore alle parole e alla vita, uccide la lingua prima, e chi ce l’ha in bocca per usarla, poi. Il “politically correct” sarebbe più preciso chiamarlo “politically infected”: il mondo infettato dalla labirintica asfissia del politichese. Intendendo per “politici”, molto in generale, tutta la classe dirigenziale, coloro che hanno possibilità decisionali di un certo livello ed influenza.

Ve lo ricordate il caro e vecchio netturbino, o al limite spazzino? (...e non pretendo la sublimità del dialettale “spasòn”, no, sarebbe chiedere troppo...). E il bidello? Cosa c’era di male a chiamarli così? Non è che se li chiami operatore ecologico e collaboratore scolastico, lasciando il loro stipendio uguale per trent’anni, quelli si mettono a godere come dei ricci filologici.

Sembravano già questi sintomi gravi, ma bisogna constatare che la diffusione del morbo ha ormai toccato gradi di intensità estrema.

La cosa è ben più grave di quanto non sembri. Perché tra l’utilizzo sciatto e la mistificazione, molto spesso il passo è assai breve. Tra i maggiori fomentatori dell’insciattimento della nostra, altrimenti, bellissima lingua, ci sono i giornalisti (di bassa lega) e i politici (di bassa e media lega). Operando in combutta, seppur spesso involontariamente, cambiando piano piano il linguaggio, erodendo lentamente certi suoi aspetti, modificandone la superficie “sonora”, senza intaccarne minimamente la profondità “significante”, ecco come ti sfornano caldo e croccante il “gonzo blandito” (sembra una simpatica ricetta, ma purtroppo ci sono in gioco i cervelli delle persone).

La punta di diamante, l’eccellenza sciattona suprema, si è toccata con il recente balletto dei nomi delle tasse. Forse mai prima era stata percepita una simile deriva linguistica, come da quando hanno cominciato ad imperversare quei nauseabondi “acronimuzzi” micragnosi. Già erano odiosi suoni come ICI e IMU (al confronto, la vecchia IVA è un’attempata signora alla quale ci si sente di portare “quasi” rispetto), ma poi si è abbandonato ogni pudore, dando sfogo al delirio puro, farfugliando su uno «straparlìo» sgangherato dei più «traveggolanti», ed ecco sbocciare tutto un florilegio di orrori: TRISE, TASI, TUC. Si è trattato di un crescendo rossiniano nella gara a concepire la sequenza di lettere più improbabile (derivata, certo, dalla denominazione per esteso), per approdare al gran botto “conclusivo” (ma fino a quando?) che ha partorito la possibile definizione della nuova tassa del futuro: la IUC.

I politicanti del vecchio corso avranno avuto di certo tutte le loro magagne, ed anche grosse, ma perlomeno padroneggiavano la cultura “umanistica” in misura ben più solida rispetto agli attuali. Mai si sarebbero concessi d’incappare nella ridicolaggine di una gaffe disneyana così eclatante. Ma forse è giusto così, alla fine il linguaggio, se lo tratti male, te la fa pagare.

Come ben sa chiunque abbia un minimo di rudimenti topolineschi, «...Yuk!...» è precisamente l’esclamazione preferita da Pippo, quando vuole esprimere i più disparati ed imprecisati sentimenti e stati d’animo. Anche se la fatidica parolina si differenzia nella grafia rispetto al nuovo balzello recentemente battezzato, di fatto suona preciso identico, di modo che l’effetto straniante è garantito. Anzi, forse è pure peggio. Perché d’ora in avanti, quando toccherà sborsare quattrini nel nome di questo novello lacciuolo tributario, parrà di esser chiamati a farlo da gente non solo suonata come Pippo, ma che nemmeno sa scrivere!


2 commenti:

Vanessa Valentine ha detto...

Eheh, adoro Pippo e i suoi "yuk"...ma lui è un candido, molto vanessiano, imbambolato.:)))))) Lo adoro!
Pensa, Gilli, stamattina ho letto anch'io i nomi delle tasse, sul giornale, mentre stavo in macelleria ad aspettare il mio turno. Ad un certo punto sono scoppiata a ridere...non avevo capito una mazza di niente! Qui a Poultryville mi conoscono e non si scompongono.:))))
Tanto per rendere l'idea.
E' la tattica per distrarti, credo, a questo punto. Quando nei hai le pigne sgionfe, ovvio, te ne freghi e ti limiti ad aprire il portafoglio...lo facessero tutti, in Italia!:((((((
Come dice la Mama, per chi evade le tasse, che i soldi sparagnati gli vadano tutti in medicine! Brrr, che maledizione.:))))))))
Ma sto divagando, alla Pippo. ;)))))
Scuola: io non ho ancora capito una cippa tra primarie e secondarie e gradi, pensa. E dire che, a volte, ci lavoro pure, nel settore...:))))))))
Ti assicuro, non hanno capito una cippa nemmeno "loro".;)))))))
Cosa c'è di più bello della parola bidello?
Miiii, perché non mi metto a fare la copy???:))))))
Bacini bidellini.;))))

Gillipixel ha detto...

@->Vale: ehehehhee, mi sembra quasi di vederti, Vale, in fila dal macellaio, mentre parti con lo sghignazzo da fonte ignota (...per gli astanti :-)

E' bella questa cosa che a Poultryville conoscono già il tuo "personaggio" :-) nei piccoli paesi succede così, lo saprai bene, è una cosa che ha il suo bello, ma a volte anche il suo brutto...a Gillipixiland credo di essere reputato un po' un tipo strano :-) la cosa non mi dispiace più di tanto, ma in certi casi diventa un'etichetta dura da scollare via, e a volte si viene a sapere che pensano di te le cose più improbabili...

Pippo è un personaggio stupendo, l'ho sempre adorato :-) in certe cose, mi ci immedesimo, per la goffaggine, e anche per l'altezza, che a volte mi fa sbattere ginocchia e gomiti dove non dovrei :-)

In questo scritto temo di essere stato un po' "luogocomunista" :-) ci tengo a precisare però che non voleva essere la solita invettiva contro i politici, tipo sono tutti uguali e cose simili...quello che volevo sottolineare è questa deriva silente, che ci porta tutti a naufragare verso la bruttezza espressiva, come dei lemming suonati che si buttano dalla scogliera del cattivo gusto linguistico, senza che all'apparenza nessuno dica nulla...magari preciso meglio il mio pensiero in un prossimo scrittino :-)

Bidello è bellissimo, infatti...potremmo coniare lo slogan di questa rivoluzione di velluto: bidello è bello!!! :-)

Bacini spazzini :-)