venerdì 25 aprile 2014

Le muse di Kika van per pensieri: Sir Herbert James Gunn (1893-1964)

Dopo la mini-pausa pasqualina, ecco di nuovo a voi “Le muse di Kika van per pensieri”, la  rubrichetta d'indagine artistico-fisiognomik-tuttologica, gemellata con il settimanale appuntamento di Kika a base di “Arte & Moda”.

Kika ci propone oggi un artista poco noto, Sir Herbert James Gunn (1893-1964), pittore scozzese (nato a Glasgow), ma talmente inglese nella sua espressività (sempre rispetto ad un certo modo iper-tradizionale d'intendere la “Britishness”, ovviamente), che più inglese non si potrebbe. Gunn è stato infatti il pittore dell'alta società, da un certo periodo in poi specializzato in ritratti di dignitari, esimi esponenti della nobiltà, dell'esercito e degli esclusivissimi ambienti giuridici, con i loro notabili, notabiloni e maggiorenti di ogni risma. L'esempio più lampante ci è fornito proprio dall'opera scelta da Kika per l'occasione, un sontuoso dipinto della regina Elisabetta II (sì, proprio lei, quella attualmente ancora sul trono), realizzato da Gunn fra il 1953 ed il 1954, per commemorare l'incoronazione della sovrana britannica, avvenuta il 2 giugno 1953.
Volendo ripescare la solita distinzione, già visitata in varie occasioni, fra artisti “testimoni” ed artisti “precursori”, Sir Herbert James Gunn va annoverato senza dubbio fra i testimoni, anzi, fra i “super testimoni”. C'è scarsa traccia di sperimentazione nel suo fare espressivo, il suo modo di porsi nell'ambito del discorso dell'arte è improntato al più solido tradizionalismo: Gunn prende atto della realtà senza farne soggetto “critico”, cercando di raccontarla in misura assai elegante ed ufficiale, laddove invece i “precursori” la problematizzano, insinuano dubbi, si arrovellano, rovistando il sottobosco dell'ufficiosità esistenziale. 

Eppure non mi sento in diritto di derubricare l'opera di Gunn come quella dell'ennesimo artista minore. Non conoscevo i quadri di Gunn, lo ammetto (per questo ringrazio ancora una volta Kika, che con le sue scelte, mi, e ci, fa scoprire sempre autori nuovi), e, d'accordo, il mio giudizio “vale fino a là” (là dove? Là, là, guarda bene...), ma sbirciando un po' di suoi quadri sul web, beh...devo proprio dire che mi è garbato parecchio. 
Dopo gli studi a Glasgow, Gunn si era formato a Parigi negli anni '10 del '900, dove ebbe modo di assorbire tutto il fervore creativo di quell'ambiente. Nei suoi quadri “meno ufficiali”, possiamo infatti andare a scoprire una leggerezza ed un'eleganza mirabili, miste a velati cenni di una certa qual malinconia sussurrata fra le righe. 

Si coglie evidente tutta la lezione degli impressionisti, in questi lavori di Gunn, unitamente alla freschezza d'impronta “Art-nouveau-Secessione-Liberty”, assorbita evidentemente in ugual misura. Notevole poi la sensibilità e la delicatezza infuse da Gunn, nel tratteggiare i lineamenti e le espressioni delle persone ritratte. In fondo, il più enigmatico ed impegnativo soggetto per gli artisti di tutte le epoche è sempre stato, e rimarrà sempre, il volto umano. E la maestria di Gunn in questo senso va riconosciuta pienamente.

Detto ciò, vi avrei raccontato già tutte le cose che sono in grado di dirvi su Sir Herbert James Gunn. Ma dal momento che ho in serbo ancora un pizzico di “vis narrativa” (da leggersi altresì: “ars frangendi maronorum”), mi scappa di arrotondare il ragionamento con alcune note, estemporanee ma non troppo. Aggiungerei infatti quello che a mio parere Sir Herbert James Gunn, come artista, tende a “non essere”, o perlomeno ad essere in tono ridotto.

Mi è capitato di leggere nei giorni scorsi due illuminanti, bellissime, frasi del celebre filosofo tedesco Theodor W. Adorno. Una, tratta dall'opera “Minima moralia – Meditazioni della vita offesa” (1951), riguarda propriamente l'arte, e dice: «...L'arte è magia liberata dalla menzogna di essere verità...» (“Minima moralia” - Parte terza – par. 143, intitolato “In nuce”). 

Ecco, mi pare che il nostro ormai familiare discorso su “precursori” e “testimoni” trovi una sua specificazione felice proprio in questa adamantina sentenza di Adorno. Più un artista sperimenta, esplora il nuovo, indaga fra le pieghe della realtà, più si può affermare che vada ricercando un'ampia emancipazione dalla “menzogna” di dover imbrigliare una qualche “verità”, rinunciando a “conchiuderla” all'interno di un pacchetto di finitezze chiaramente delimitabili e circoscrivibili. 

Roberto Calasso, nel suo enigmaticissimo “La rovina di Kasch” (Adelphi, 1989), chiosa le parole di Adorno aggiungendo che «...l'arte è inafferrabile per costituzione...». Dunque, più un'opera è in grado di evocare, sfiorare asintoticamente, tale inafferrabilità, più si sarà avvicinata all'essenza intima del fare arte. 

L'altra stupenda affermazione di Adorno che riporto è tratta invece da un esaltante ciclo di sue lezioni (tenute fra il 1962 ed il '63 agli allievi dell'Università di Francoforte), raccolte in un pregevole volumetto dal titolo “Terminologia filosofica” (Einaudi, 2007). Qui si parla più propriamente di filosofia, ma queste parole sembrano la perfetta continuazione di quelle riportate sopra riguardo all'arte: «...ciò che soltanto importa in filosofia […] è appunto la paradossalità […] di dire con lo strumento del concetto ciò che con lo strumento del concetto a rigore non può essere detto, di dire ciò che è propriamente indicibile...» ( “Il concetto di filosofia”- Lezione n. 4 del 17 maggio 1962).

Insomma, per chiudere un po' il britannicheggiante cerchio odierno, mi pare di poter sostenere che Sir Herbert James Gunn era posizionato molto, ma molto più distante dal “dire l'indicibile”, di quanto non fosse magari un Picasso, tanto per fare il più eclatante esempio di un suo “collega”, praticamente contemporaneo.
Ma veniamo ora alla mia usuale indagine “facciosa”, alla ricerca di volti noti della modernità, da abbinare alla fisionomia ritratta nell'opera in questione. Devo fare due piccole premesse: una, è che nel caso della mia miglior somiglianza, ho barato spudoratamente (poi capirete in che senso), mentre con l'altro mini-preambolo vi avverto che la crisi di astinenza pasquale da indagini fisiognomiche, deve avermi dato un po' alla testa. Ne ho scovate infatti anche troppe, ma più che somiglianze, si tratta di candide speranze imbastite attorno a vaghe suggestioni mal campate in aria.

Si parte con la mia suprema mossa da gran baro fisiognomico:
 
 «...E grazie al cactus di Spike, fratello di Snoopy...», mi direte voi: questa non è altro che la fascinosa Helen Mirren, anche interprete della pellicola “The Queen” (2007), in cui ha vestito giusto giusto i panni di Elisabetta II, aggiudicandosi addirittura l'Oscar ed il “Golden Globe” come migliore attrice protagonista. Lo so, lo so...mi sia concessa almeno l'attenuante generica, per il fatto di essermi autodenunciato in anticipo.

Proseguiamo con le altre ipotesi, che tutte messe insieme non fanno una somiglianza degna, ma vi chiedo anche qui un minimo di comprensione per un povero “detective di volti” in preda alle allucinazioni da digiuno facciale:

In questo caso, ho voluto giocare un po' col paradosso: si tratta infatti di Indira Gandhi (1917-1984), altra grande donna del '900, primo ministro per alcuni anni proprio di quella vastissima porzione dell'ex Impero Britannico che fu il subcontinente indiano. La somiglianza, sempre ammesso che ci sia, è vaghissima, o forse sta solo nella mia immaginazione di voler mettere in parallelo due paia di occhi che hanno osservato, da diversi punti di vista, le sorti di milioni di persone.

E adesso briglia sciolta alla fantasia più spudorata:
Questa è la giornalista Barbara Alberti, la quale mi ha ispirato soprattutto per la sottigliezza del viso, ma diciamo che forse mi è piovuta fra i piedi "via Helen Mirren". E a seguire, ecco ecco un'altra giornalista:
 
Però televisiva stavolta, Maria Concetta Mattei, notissimo volto del Tg2.

Insomma, le mie somiglianze risultano per l'occasione un bel po' traballanti ed assai johnny-stecchinizzabili, ma almeno ho sfogato un po' la mia fame di comparazione fisiognomica. E adesso sono curiosissimo di andare a vedere quali stupefacenti sorprese ha tirato fuori Kika dal suo sempre sfavillante cilindro di maghetta artistico-modaiola.

2 commenti:

Kika ha detto...

Belli i quadri di Gunn che hai scelto, io l'avevo approfondito poco ma davvero merita un posticino nei nostri cuori artistici (seppure da super-testimone come dici tu). Mi piace molto il tuo entrare nel vivo degli artisti citati, il fornire nuove immagini e spunti conoscitivi.
Con Helen Mirren, be'... ti piace vincere facile, eh? ;) Scherzi a parte lei non potevi non citarla :) Indira Gandhi è davvero un tocco da maestro, visto il nesso tra le due nazioni (ambivalente e comunque inscindibile nella storia e nell'immaginario).
Che dire poi del brano musicale? Scelta perfetta!
Ps: grazie per la bontà con cui sempre mi passi il testimone, spero davvero di meritare i tuoi simpatici elogi :)

Gillipixel ha detto...

@->Kika: ehehehe, è vero Kika, stavolta mi è piaciuto vincere facile: bonsi-bonsi-bo-bo-bo!!! :-)

Con questi artisti "minori" che vai sempre a scovare, mi sto facendo un cultura :-) questo Gunn è stato una bellissima sorpresa...va beh, sarà anche un testimone, però le sue opere sono emozionanti, davvero...

le mie scelte nei volti sono state un po' variegate, diciamo così :-) ma è bello secondo me forzare anche un po' la mano, per proporre suggestioni non scontate...lo spirito di queste similitudini, poi, io lo intendo sempre nel senso di legare la specifica immagine alla specifica foto che propongo...voglio dire, magari, in generale, la donna famosa da me citata non assomiglia tantissimo, ma in quella specifica foto indicata, può suggerire in qualche modo :-) ecco, questo ci tenevo a sottolinearlo :-)

Gli elogi sono molto meritati e lo hai dimostrato anche stavolta con le bellissime scelte di abbigliamento che hai fatto :-)

Grazie Kika, alle prossime puntate gemellate :-)

Bacini and circumstance :-)