martedì 26 maggio 2015

Gilli Pixelnavour - O del faccinismo militante


«…Sono un emoticone / e la faccinità scorre dentro di me…». 

Così mi verrebbe da parafrasare i versi di una famosa canzone di Charles Aznavour, quando penso alla mia “mania” di rimpinzare di “faccine” l’universo mondo del “world wide web” (per gli amici, detto “internet”). Tutti sapranno di cosa sto parlando. Le faccine o emoticons sono nate e si sono evolute proprio di pari passo con internet stesso. La mia fissazione compulsiva a fiondarle ad ogni piè sospinto nel mezzo delle frasi, è venuta di conseguenza.

All’inizio della loro storia faccinale, le faccine si sono presentate come interpunzioni anomale del testo. Il capostipite credo sia stato il semplicissimo “sorriso coricato”, formato da “due punti / lineetta / chiusa parentesi”, ossia questo qui:

:-)

E’ lui il gran patriarca degli emoticons, il caro nonno al quale tutti noi faccinisti incalliti siamo molto affezionati.

In seguito sono venuti diversi altri suoi emuli ed eredi:

L’espressione triste :-(
La strizzatina d’occhio ;-)
La sorpresa :-O
La sghignazzata :-D
Il faccino più elaborato ma più discreto (^_^)
Il bacetto :-*
Una metà via tra disgusto e delusione :-/ 
La linguaccia (nell’accezione spernacchiante, o allupata) :-P
E forse altre che non conosco o che non mi sovvengono al momento.

Con l’avvento dei vari generi di chat (Icq, Skype, e adesso soprattutto Facebook), le faccine si sono poi evolute a dismisura, con dettagli e sfumature grafiche multiformi. 

Se qualcuno a suo tempo ha pensato di inventarle e introdurle, vorrà forse dire che le faccine hanno accolto una “necessità espressiva” sentita dagli allora neo-navigatori virtuali. Sono andate a riempire un vuoto. La mia opinione è che le faccine forniscano una “stampella comunicativa” alle titubanze di chi dialoga per iscritto. Lo dico a ragion veduta, confortato dalla mia esperienza di faccinista coatto: dietro un modesto (o discreto, o bravo, o eccellente) scrittore, si nasconde un insicuro comunicativo, o, ancor meglio, un “utopista della fusione dialogica”. 

Non c’è bisogno di scomodare il mito platonico dell’androgino, per rendersi conto del senso di parzialità vissuto da tutti gli individui. Ogni umano sente dentro di sé l’urgenza di travalicare i limiti del proprio esistere, per andare a fondersi con qualcuno o qualcosa di ulteriore. Non dobbiamo dimenticare che ciascuno di noi ha fatto il proprio “ingresso nell’esistenza”, venendo calato in una dimensione il più possibile “già completa”. Accade nel grembo materno: lì si sperimenta forse la più potente e assoluta fusione con il Tutto che potremo mai conoscere in qualsiasi altro frangente della vita a seguire.

Dal momento dell’uscita dal grembo materno, viviamo la perenne nostalgia per quella completezza perduta. E tutta la vita può essere vista come un tentativo, operato con mille mezzi e in mille direzioni, di alleviare quel senso di mancanza. L’insieme di questi mezzi e di queste direzioni intraprese, può essere fatto rientrare nella generalissima dimensione del linguaggio. Tutto è linguaggio. Nel senso che ogni tentativo di trovare sollievo al nostro senso originario d’incompletezza esistenziale, può essere catalogato come forma particolare di linguaggio. E’ linguaggio l’amore; sono linguaggio l’amicizia, l’affetto, il gioco, il desiderio, la fratellanza, la sete di bellezza, la cooperazione, la solidarietà, e così via. 

Tutte queste cose sono linguaggio, perché dietro ciascuna di esse si cela lo sforzo di prendere una porzione della nostra interiorità, poggiarla su di un qualche supporto esistenziale più o meno tangibile (un gesto, un sorriso, una carezza, un bacio, un dipinto, un film, una poesia, un bonifico bancario, ecc.), e cercare di farla arrivare nel cuore di un altro individuo. Con questi reciproci scambi osmotici di interiorità, si spera di far diminuire il senso di nostalgia per il primitivo stato fusionale dal quale proveniamo.

A maggior ragione, è linguaggio la parola scritta. Insieme a quella parlata, è il linguaggio per eccellenza, la pietra filosofale a partire dalla quale si metaforizzano tutti gli altri linguaggi intesi in senso lato.

Per tornare alla questione degli emoticon e dei faccinisti incalliti. Chi usa le faccine in misura smodata, credo lo faccia per rispondere ad un moto impellente di fusione con chi legge le sue parole. Il faccinista a ripetizione teme di essere poco ascoltato dagli altri. Forse è stato poco ascoltato in generale, il faccinista, nel corso della sua vita. Oppure ha avuto solo questa impressione. Di fatto ogni faccinista, ancor prima di scoprirsi tale, sente che nella scrittura risiede la sua forma privilegiata di comunicazione. Lì spera di trovare quei brandelli di “fusione con l’Altro”, che ha sempre afferrato con fatica. Tuttavia, per quanto riesca a raffinare e a rendere efficace la sua prosa, rimane un comunicatore insicuro. E allora ecco che sente scattare in sé l’«animus faccinandi», la dolce ossessione di amplificare, ridondare, riverberare il suo discorso scritto con quei cari simboletti fottuti (sia detto col massimo della “simpatia”). 

La prossima volta dunque che incontrate un tizio (ed ogni riferimento autobiografico è puramente voluto), afflitto dal vezzo coatto di travolgervi con valanghe telematiche di sorrisini, gattini, cagnetti o simili amenità emoticali, portate pazienza: non si tratta di un comune psicopatico, è solamente un gran nostalgico dell’immersione nel Tutto.

4 commenti:

CirINCIAMPAI ha detto...

della faccina di culo iniziale ne vogliamo parlare?
;-)

Marisa ha detto...

Effettivamente la prima cosa che ho pensato è stata: finalmente Gilli ha messo una sua foto sul blog...
:-prrrrr
A parte gli scherzi, con l'avvento di internet la comunicazione si è totalmente compromessa, le parole si sono perse come l'uso della grammatica e le emozioni si sono semplificate in quei segnetti assolutamente indispensabili per evitare i fraintendimenti che con le giuste parole non ci sarebbero.
Il tuo linguaggio barocco poi su faccialibro sicuramente avrebbe molti :-o ed oltre ad essere una rarità è certamente sprecato per l'essenzialità del linguaggio corrente. :-*

Gillipixel ha detto...

@->CirINCIAMPAI: ahahahhaha :-) hai ragione, Cincia, è alquanto estrema, non c'è niente da dire :-) forse non tutti sanno che si tratta di un emoticon occulto di Skype :-) se sei una frequentatrice della chat di Skype, ti svelo come si può ottenere: basta scrivere (MOONING) nello spazio di chat e magicamente l'omino ti squaderna tutta la sua alterigia retrò :-)

Bacini irriverenti :-)

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: Ma come hai fatto a riconoscermi, Mari??? :-))))) Ahahahhahaa...

Grazie delle tue care parole...lo so, internet richiede un modo di scrittura sintetico, rapido, che arriva subito al dunque...ma io sono un po' fatto alla vecchia maniera :-) mi piace pensare che la scrittura e la lettura siano dimensioni privilegiate, un po' fuori dal tempo...di cose che mettono fretta e fanno venire l'ansia, ce ne sono già fin troppe al giorno d'oggi :-) ci lascino almeno il gusto di leggere e scrivere con agio :-)

Bacini agiati :-)