sabato 29 agosto 2015

C’è chi suole risuolare


Con maggiore frequenza di quanto normalmente non si pensi, la sfavillante scarpa all’ultima moda si rivela il perfetto esito di una risuolatura coi fiocchi. Che si tratti di risuolature volontarie o preterintenzionali, non lo saprei dire. Di fatto il cuoio nuovo ha spesso molto da invidiare a quello vecchio.

Rimasi non poco affascinato quando appresi di un giochetto linguistico Surrealista, pensato per sfidare ad un tempo l’aleatorietà espressiva e i confini più estremi della fantasia. Lo definisco “giochetto” in maniera affettuosa, ma in realtà si tratta di una delle tante strabilianti provocazioni con le quali i geniali esponenti del Surrealismo hanno assestato fondamentali scossoni conoscitivi alla cultura del Novecento. Il tutto è spiegato in un brano preso dal “Manifeste sur l’amour faible et l’amour amer” (Manifesto sull’amore debole e sull’amore amaro), scritto da Tristan Tzara (1896-1963) nel 1920. Ci illustra niente meno che una ricetta per composizioni poetiche “fatte in casa”:

«…Prendete un giornale. Prendete le forbici. Scegliete nel giornale un articolo della lunghezza che desiderate per la vostra poesia. Ritagliate l’articolo. Ritagliate poi accuratamente ognuna delle parole che compongono l’articolo e mettetele in un sacco. Agitate delicatamente. Tirate poi fuori un ritaglio dopo l’altro disponendoli nell’ordine in cui sono usciti dal sacco. Copiate scrupolosamente. La poesia vi somiglierà. Ed eccovi divenuto uno scrittore infinitamente originale e di squisita sensibilità, benché incompresa dal volgo…».

Non so se Tristan Tzara avesse letto l’opera di Jonathan Swift (1667-1745). Ma sia come sia, la mia meraviglia non è stata minore, quando ho letto un certo passo dei celeberrimi “Viaggi di Gulliver in vari paesi lontani del mondo” (1726). Ci troviamo nella terza parte delle avventure, il nostro eroe è giunto alla remotissima terra di Balnibarbi. In particolare, ha avuto il privilegio di visitare l’accademia di Lagado (capitale di quella terra), dove eminenti studiosi rimuginano tutto il giorno per escogitare le più strampalate invenzioni e teorie. 

L’attenzione di Gulliver cade su un bizzarro macchinario che, a detta del professorone suo ideatore, avrebbe consentito a chiunque di diventare un eminente uomo di cultura, senza fare alcuna fatica. Racconta Swift: 

«…Ognuno sa infatti quanto laboriosi siano i comuni metodi per iniziarsi alle arti e alle scienze; con quell'invenzione, invece, l'uomo più ignorante con una spesa modesta e un po' di fatica fisica poteva scriver libri di filosofia, poesia, politica, diritto, matematica e teologia senza bisogno di essere minimamente aiutato dall'ingegno o dallo studio. Mi condusse poi alla macchina lungo i cui lati eran schierati tutti i suoi discepoli […]. La superficie risultava di vari pezzetti di legno, della grossezza di un dado da giuoco, alcuni più grandi degli altri; sottili fili di ferro li legavano insieme. Su ogni lato di questi cubetti v'era incollato un quadratino di carta, e su questi quadratini eran scritte tutte le parole del loro linguaggio nei vari modi, tempi e declinazioni, ma senza alcun ordine. […]. A un suo cenno, gli allievi afferrarono ciascuno una manovella di ferro, essendovene appunto quaranta fissate tutt'intorno ai lati della macchina, e la fecero rapidamente girare: tutta la disposizione delle parole cambiò a un tratto. Egli comandò allora a trentasei dei suoi ragazzi di legger piano le varie righe così come apparivano sulla macchina; e, quando essi trovavano tre o quattro parole in fila che potevano far parte di una frase, le dettavano ai quattro rimanenti discepoli, che fungevano da scrivani. Questa operazione fu ripetuta tre o quattro volte: la macchina era fatta in modo che, a ogni girata di manovella, le parole cambiavan di posto col rovesciarsi dei cubetti. Per sei ore al giorno quegli studentelli erano occupati in tal lavoro, e l'accademico mi mostrò vari grossi volumi in folio già riempiti di frammenti di frasi…».

Cosa aggiungere di più? 

Sapevo già che risuolare sotto il sole non è solinga e saltuaria soluzione. E avevo anche capito da solo che Swift era un gran surrealista ante-litteram. Ma non provavo così tanto stupore epifanico, da quando scoprii che “I will always love you”, canzone portata alla ribalta nel 1992 da Whitney Houston fra i brani in colonna sonora del film “Guardia del corpo”, è in realtà la cover di un brano del 1974, cantato in origine dall’ubertosa Dolly Parton.


2 commenti:

Kika ha detto...

Ciao Gilli! Faccio capolino qua per un saluto, ma anche per la curiosità di vedere cosa stai elaborando di bello :)
Che meraviglia questa forma di generatore automatico di parole! Mi piace molto la versione poetica dei Surrealisti, trovo che si presti molto bene; la versione di Swift invece è interessante perché fa riflettere (o almeno io ci vedo una presa in giro della "cultura costruita" e arida, di facciata, viva e vegeta ora come allora).

Gillipixel ha detto...

@-> Kika: Ciao Kika 😊 fortuna che ci sei tu a commentare ancora il mio umile blog 😊 Swift e surrealisti sono a mio parere accomunati anche da una sorta di rispetto per il mistero del linguaggio...oltre a ciò che dici tu giustamente 😊 grazie, a presto

Bacini automatici 😊