giovedì 13 agosto 2015

Ferragosto e mici letterari


Cari amici viandanti per pensieri, nonostante tutto, anche per quest’anno vi faccio gli auguri di buon Ferragosto. Questo mese, ormai lo sapete, non è propriamente il mio preferito. E nemmeno questa festa, se proprio ve lo devo ribadire. 

L’avevo forse già scritto: agosto mi dà sempre l’idea del mese eccessivamente maturo. E’ un frutto ad un passo dalla marcescenza. E’ un odore corporale dolciastro, ad un millimetro dal diventare tanfo, maldestramente coperto con profumi da poco prezzo. Agosto è sempre carico di una sua corposità struggente. Per quanto mi possa piacere poco, è pur sempre un mese molto fascinoso e denso. Ecco, più che piacermi poco, lo trovo faticoso dal punto di vista esistenziale. Agosto è un continuo languore sfinente, una pena d’amore sparata a salve, è spossatezza sensuale senza meta.

Ma se non altro, è una mesata anche fortemente letteraria. Volendo associare a ciascun mese il proprio libro di riferimento (però, mica male come gioco: devo ricordamene per prossime scribacchiate!), agosto per me corrisponde a “Il giardino dei Finzi Contini” di Giorgio Bassani, oppure, anche se sembra banale dirlo, a “Luce d’agosto” di William Faulkner. 

In virtù di un magico interludio libresco, mi è capitato fra le mani in questi giorni uno di questi libri dallo spirito fortemente agostano. Era da tempo che avevo in previsione di leggerlo, e il caso ha voluto che sia successo proprio ora. Parlo del capolavoro di Elsa Morante, “La Storia”.  Si tratta di un “libro-agosto” molto intenso. Scritto con una prosa così incredibilmente bella da fartene amare ogni virgola. 

Di questo stupendo libro, voglio riportarvi due brevi passi, in forma di mio augurio per il presente Ferragosto. Mi hanno colpito per la bellezza introdotta soprattutto dalla tematica felina. Quasi superfluo dire che sono commoventemente “agostani” fino alla più intima essenza dell’ultima sillaba. 

Vilma è una povera popolana che non ha nessuno al mondo, comunemente considerata semideficiente. E’ a suo modo una Cassandra inascoltata, quando reca le terribili notizie sull’andamento della guerra, raccolte in altri quartieri nel suo vagabondaggio quotidiano. Nessuno però le dà mai retta, preferendo illudersi che si tratti solo di infondate fantasticherie di una mente labile. Unica sua oasi affettiva sono i gatti randagi del suo rione. Ecco come ce la dipinge Elsa Morante, con l’impagabile “agostanità” che sapeva trarre dalla sua penna preziosissima: 

«…Fra costoro, ci si incontrava, ogni tanto, una ragazza invecchiata di nome Vilma, trattata, là in giro, per una mentecatta. I muscoli del suo corpo e del suo volto erano sempre inquieti, e lo sguardo invece, estatico, troppo luminoso. Era rimasta orfana assai presto, e, per incapacità d’altro, si adattava a servizi pesanti, come un facchino. Scavallava tutto il giorno, infaticabile, in Trastevere e Campo dei Fiori dove andava pure mendicando avanzi, non per sé, ma per i gatti del Teatro Marcello. Forse la sola festa della sua vita era quando, verso sera, si sedeva là su un rudere, in mezzo ai gatti, a spargere in terra per loro delle testine di pesce mezze marce e dei rimasugli sanguinolenti. Allora il suo volto sempre febbrile si faceva radioso e calmo, come in Paradiso…».

Vilma è un personaggio minore, ma la incontriamo di nuovo dopo diverse pagine. Se possibile, qui il “senso di agosto” è ancora più penetrante, intriso nelle parole, come una luna afosa e gigantesca, intinta nella tremula catramosità notturna all’orizzonte: 

«…A intervalli capitava sempre d’incontrare Vilma, avvilita perché, di giorno in giorno, la raccolta degli avanzi si rendeva più difficile, e inoltre ogni volta aumentava, fra i suoi gatti dei ruderi, il numero degli assenti all’appello. Essa li conosceva uno per uno, e se ne informava in giro con una misera voce sconsolata: “Non s’è più visto lo Zoppetto? E Casanova? E quello senza un occhio? E Fiorello? E quello roscetto, con le croste? E quella bianca, incinta, che una volta stava dal fornaio?”. Gli interrogati le ridevano in faccia; ma tuttavia la si sentiva chiamare, inguaribilmente, di fra i ruderi del Teatro Marcello: “Casanoovaa!!! Baffetti!!! Boomboloo!!!”…».

“La Storia” di Elsa Morante, dunque: grande libro dall’intensa agostanità. 

E buon Ferragosto a tutti!!!


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