mercoledì 16 settembre 2015

Quel patema inscatolato


Da lettore affezionato, mi domando spesso perché leggiamo. Voglio dire: perché ci piace così tanto leggere? Me lo son chiesto tante volte e ho provato a dare risposte. Son sicuro che una spiegazione definitiva non la troverò mai. E forse anche in questo sta il bello della faccenda.

La risposta che ho pensato oggi è la seguente: leggiamo perché la lettura ci offre la possibilità di vivere vite “già passate in giudicato”. Provo a spiegarmi meglio. La vita sarà anche bella, siamo tutti d’accordo. Però…che fatica! Vivendo, si sta sempre sull’orlo dell’incertezza, e quest’ansia, questa insicurezza di sapere come andranno le cose, il più delle volte non ci permette di gustare sino in fondo la pienezza degli eventi che ci accadono (è vero, il “meccanismo” ci aiuta anche a stare in guardia dalle fregature e, nel limite del possibile, dalle cose brutte: ma questo è un alto discorso…). 

Leggere invece, sui libri, racconti, vicende, storie, è un modo di vivere frammenti di esistenza che pur essendo già vissuti, conservano una quota non indifferente di freschezza e di sorpresa. Col vantaggio che, l’ansia per quella sorpresa, i timori, i patemi, se li sono già sciroppati altri al posto nostro (non importa poi se si tratta di storie reali o di finzione: quel che conta è il racconto in sé, in questi casi).

Ecco dunque la mia risposta di oggi (benché insufficiente, parziale e forse forse, anche sbagliata) al quesito “perché leggiamo”: leggiamo perché nei libri la vita si mantiene fresca, anche senza l’uso di conservanti eventualmente nocivi all’animo, alla mente, al cuore. E lì ce la possiamo gustare ancora al pieno del suo sapore.


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