lunedì 2 novembre 2015

La focale degli anni


Per lungo tempo sono stato cullato da una distratta convinzione infantile dell’anima. Poi la svagatezza si fece talmente invasiva, da farmi dimenticare quell’indistinta persuasione, come offuscata dallo spessore di una densa nebbia. Ora però a tratti, essa è tornata a posare di nuovo i suoi piedi di bambagia sulla soglia “fantasizzante” dell’uscio dei miei pensieri. E mi accorgo che non ha mai cessato di covare in me, nel profondo.

Questa convinzione è legata al mondo dei vecchi. Da bambino pensavo che la porzione di giovinezza riservata dalla vita, i vecchi l’avessero vissuta in bianco e nero. Anche con uno sforzo immaginativo sovra-bambinesco, non riuscivo a persuadermi che nel loro passato fossero esistiti i colori. 

Li passavo in rassegna scorrazzando in sella alla mia biciclina, tutti schierati nel risicato spazio all’aperto di quel bar assiepato sul ciglio della provinciale. Lì la virulenza della strada s’ingentiliva lievemente, concedendo un sollievo al piede sudato pigiato sull’acceleratore. Incuranti degli aerosol forzati, propinati da rauchi smarmittamenti di camion coi cassoni traboccanti barbabietole o pomodori, i vecchietti al bar prestavano fede soltanto al bianchetto d’ordinanza posato sul tavolino e a qualche chiacchiera indolente lasciata cadere di tanto in tanto nel discorso corale. 

Lampi di dignità senile traforavano lo sfarfallamento dei miei brevi pedali, attraversandoli con uno stroboscopico scintillio di pittoreschi dettagli. Gentili lembi di pelle bianchiccia affacciati fra le colonne d’ercole di calzini nocciola e pantaloni scuri dal severo taglio rurale. Camice celesti con le maniche corte, a fare da timida cortina più che permeabile agli aloni sottostanti di una canottiera dai millimetrici spallini. La fedele lobbia grigia con banda nera, che avresti giurato non si sarebbero cavata dalla canuta zucca nemmeno prima di andarsi a coricare di sera.

E se per un attimo consideravo la loro età, e come anche loro un tempo dovevano essere stati dei bambini o dei ragazzi, poi giovani uomini o quasi maturi signori, su quelle spalle riuscivo a veder caricate solamente lontane immagini in bianco e nero. Mi sembrava che quei pur strambi colori del loro leggendario abbigliamento, se li fossero ritrovati addosso di malavoglia, svegliandosi un po’ stupiti una mattina, la prima in cui si erano sentiti un po’ più vecchi del solito. E che vivessero questa cromaticità preterintenzionale con un’incoerenza spaesata, come personaggi loro malgrado calati in un film neorealista fuori tempo massimo.

Su di loro vedevo aleggiare nuvolette del ricordo, fatte dei vapori di cinegiornali dell’Istituto Luce, o di minuscole foto sbiadite in dissolvenza verso il proprio contorno dentellato. Le guerre dovevano averle viste per forza in bianco e nero, non c’era alternativa possibile nel mio panorama di bimbo. Il primo bacio dato ad una fidanzatina dell’epoca, non poteva esser stato scoccato diversamente che in bianco e nero. Così come in bianco e nero dovevano essere stati i tramonti estivi attesi nei campi a rimestare zolle bianche e nere, con zappe in bianco e nero, mentre un sudore tralucente di bianca fatica si andava ormai asciugando nel preannunciare un umbratile riposo fra le scure blandizie dell’imminente nero della notte.

Nella contraddittorietà labirintica dei pensamenti proto-giovanili, arrivavo persino a pensare oltre. Quei vecchi erano stati vecchi da sempre. Miriadi di altri bambini erano passati al loro cospetto, considerando la loro autorità di vecchi consapevoli della propria “vecchiettitudine” ultra-temporale che si portavano addosso.

Non mi rendevo conto allora che tutte queste sensazioni le avrei poi assunte su me stesso, con il tempo. Adesso che anche i miei ricordi (compresi quelli qui sunteggiati) si vanno ammantando di un alone degli anni sempre più tendente alla gentilezza di una velata seppiatura, mi accorgo come la vera dimensione di una certa profondità della vita non può essere diversamente espressa che dal bianco e nero. 

I colori sono stati, rimangono e saranno ogni attimo bellissimi. Ma il bianco e nero ha il pregio di concedere lembi immaginativi spostati ancora di un’emozione, di volta in volta messa un millimetro più in là, e poi ancora oltre. Il bianco e nero sa portarci in luoghi nei quali qualcosa di ulteriore si auto-tratteggia sempre. Fino a dove il caldo filo cupo della nostra ombra si posa a baciare la lattea distesa del sole spennellata per terra.


4 commenti:

Kika ha detto...

Una lettura molto emozionante e che, come sempre qui su Andarperpensieri, då da pensare. Hai il dono di far rivivere certe scene come davanti ai nostri occhi (vedasi qui i vecchietti seduti), sembra quasi di entrare nei tuoi ricordi... che diventano un po' anche nostri :)
Per associazione di idee mi è tornata in mente una mia eterna curiosità (un po' più prosaica) a proposito di certe attività "senili". Mi spiego meglio con un esempio: il gioco delle bocce. Comunemente lo si associa agli anziani, ma io mi son sempre chiesta: gli anziani giocano a bocce perché sono anziani (e quindi anche noi, e tutti dopo di noi, da vecchi fatalmente ci appassioneremo a tale gioco) o perché era già un passatempo della loro gioventù, della loro generazione (anche più d'una però!)?
Stessa cosa mi domando a proposito del ballo liscio. (so che ci sono comunque persone di tutte le età che amano questi hobby, io stessa sono una patita delle bocce e se potessi ci giocherei eccome*, ma il sentire comune li associa all'anzianita' e la maggioranza lo conferma...)

*ho imparato da piccola in Francia -dove è uno sport molto più popolare - ed ero anche bravina, ma qua trovare un campo da bocce è difficile, soprattutto è difficile trovarlo non frequentato solo da vecchietti che mi guarderebbero straniti :)) Il mio sogno è di avere un giardino tutto mio dove costruirmi un campo da bocce e sfogarmi (ma dovrei anche trovare amici che vogliano partecipare... o se no inviterò i vecchietti del vicinato :))

Gillipixel ha detto...

@->Kika: grazie, Kika :-) sei troppo gentile, non sum dignus :-))))) la tua associazione di idee non è per nulla prosaica, anzi, coglie in pieno proprio la poetica che volevo suscitare con le mie parole...ti risponderò dunque quello che mi risulta, secondo la mia logica (o illogica) poetica, a riguardo dei tuoi quesiti :-)

Secondo me i giocatori di bocce anziani, sono sempre stati anziani :-) anche quando andavano all'asilo, e magari giocavano con le biglie dei ciclisti sulla spiaggia :-) erano già gli anziani che sarebbero stati un giorno, con le bocce in mano :-)...se vogliamo poi pigiare ancor di più sul pedale dell'acceleratore poetico :-) possiamo dire che i giocatori di bocce o i ballerini di liscio anziani, sono anziani per statuto esistenziale :-) uscirono dalla pancia della mamma già con il boccino in mano e le scarpe di vernice per danzare :-) nessuno li ha mai visti giovani...anzi, nessuno li ha mai visti al di fuori della pista da liscio o del campo da bocce :-)

I giocatori di bocce francesi ho avuto l'onore di osservarli anche io, a Parigi, tanto tempo fa...che spettacolo ammaliante...giocavano con certe boccette di metallo e praticamente era tutta una bocciata al volo, raramente facevano correre la loro sferetta sul suolo...in realtà, al d là di tutte le nostre elucubrazioni poetiche, credo sia un gioco molto bello...di recente ho visto alla tele che lo hanno rimodernato nelle regole e nelle modalità di gioco...ci sono ad esempio prove di bocciatura a catena :-) un giocatore gioca il suo turno da solo, con un tempo stabilito deve bocciare un sacco di volte un boccino fra altre due bocce, ad esempio, cogliendo con precisione solo quello, e così via, tante altre prove di precisione e abilità...quando vedi giocare i veri campioni, è un spettacolo puro...altro che roba da anziani :-)

Bacini boccia a punto :-)

Kika ha detto...

Bellissima la tua teoria :)))
Le bocce sono un gioco che richiede equilibrio e precisione, è davvero un peccato che da noi siano così poco considerate. Anch'io in Francia ho imparato con bocce di metallo pesantissime (un paio addirittura erano ricoperte di uno strato di pietruzze, sembravano di granito :)).
La mia specialità erano i tiri di sponda: con un accurato rimbalzo nel punto giusto riuscivo ad avvicinarmi di soppiatto al boccino :)
Altri invece puntavano tutto sul colpire le bocce altrui sbaragliando tutto. Che ricordi di serate divertenti su quella pista...
Alla fine per certi versi è un gioco abbastanza simile al biliardo, ma chissà perché è molto meno "cool".
Bacini boccini :)

Gillipixel ha detto...

@->Kika: chissà perché certe discipline subiscono questo declino ingiustificato...se fossero fatte conoscere meglio, sarebbero apprezzate come si deve...sì, ha affinità notevoli col biliardo e non è da meno in quanto ad abilità richieste e fantasia strategica...son sicuro che sei una giocatrice di gran classe :-)

Tra i miei ricordi ci sono anche lunghe partite di bocce in notturna, giocate da vecchietti del mio paesello :-) io ero sempre spettatore bambino, e a parte la bellezza del gergo che accompagnava i gesti dei contendenti, ricordo anche un'aria di giovialità diffusa nell'aria, che risaliva dai lazzi e dagli scherzi dei vecchietti, fin su alla volta cupa buia della notte, insieme a mille ronzii di zanzare :-)

Bacini ronzanti :-)