sabato 11 giugno 2016

"Un pensiero al giorno"

76 - "Miaowsky"

Mi ha sempre lasciato un po' perplesso, la ricorrente affermazione di certe donne secondo le quali sarebbe desiderabile un eventuale partner in grado di farle ridere. Quando sento dire questa cosa, non di rado mi viene spontanea alla mente una riflessione interrogativa dai toni alquanto rozzi: "...Ma precisamente, cosa stai cercando, un uomo oppure un pagliaccio?...".

Si vede però che davvero non me ne intendo molto di donne, perché in effetti, riuscire a strappar loro un sorriso, o addirittura una risata, è una soddisfazione molto gradevole.

Sia che ci covi sotto una qualche latente attrazione, ma anche se non c'è proprio nulla del genere. Anzi, forse ancor più se l'ilarità suscitata è pura, gratuita, cristallina.

Conosco una ragazza moldava. Diciamo una donna giovane. Lavora in una casa che ogni tanto frequento. A volte scambiamo due chiacchiere un po' faticose, perché l'italiano non lo parla benissimo. Mastica piuttosto uno slang slavofono-badantesco misto a "italiacano" impuro, con modi espressivi che sfociano spesso in sfumature buffe e simpatiche. Di per sé, come ragazza tende già di suo all'allegro andante e farla ridere non è quella gran impresa. Però sono stati i modi con cui di recente ci sono riuscito, che mi sembrano degni di nota.

L'ho fatta sorridere dicendo una cosa abbastanza surreale, ma di quelle che nella mia "economia poetica" hanno un'importanza molto speciale. Per cui è stato un momento non poco buffo, con me che mi sentivo un novello Ionesco di campagna, mentre nella considerazione di lei si rinsaldava l'opinione che credo abbia già ampiamente radicata nei miei confronti. Ossia: uno mica tanto normale.

In pratica, lei stava pulendo i vetri al piano terra e io ero appena fuori dalla finestra dove armeggiava, sforzandomi di sostenere uno dei nostri leggendari dialoghi funambolici ultra-linguistici. Spesso, in altre occasioni, le avevo domandato come si dicesse la tale o la tal altra cosa in moldavo, oppure in rumeno, o in russo, dato che conosce un po' anche queste lingue.

Il caso ha voluto che passasse per il prato del giardino un gatto gnaulante. Smiagolacchiava proprio con insistenza. Lo abbiamo guardato un attimo sorridendo insieme e lì mi è venuto da domandarle: "...Ma anche in Moldavia i gatti fanno miao?...". Il sorriso di lei si è trasformato allora in una bella risata, ma avreste dovuto vedere il suo sguardo, mentre se la ghignava della grossa.

Alle sue giocose proteste verso la mia stralunata domanda (eufemismo per rendere l'idea della sua espressione di rimando fra una ghignata e l'altra, nella quale non si leggeva altro che un "ma sei proprio fuori!!!"), ho rincarato la dose aggiungendo: "...Ma sì, sai...mi domandavo se anche nel tuo paese i gatti miagolano nella stessa lingua dei gatti italiani...". Col naturale risultato di aggravare soltanto la situazione, ossia aggiungendo sue risate sopra quelle già in corso.

Alla fine è stato bello. C'è davvero qualcosa di magico nel far ridere una donna. Ancor più quelle volte in cui ci riesci e senti di essere considerato un tipo proprio sballato. Si forma un'atmosfera poetica, perché l'ilarità in quei casi nasce dal nonsenso, ed è segno che si è riusciti a mettersi in sintonia con la parte "lunare" del carattere femmineo, un luogo misterioso dove tutti gli uomini vorrebbero fare un viaggio.

Oppure è stato solo perché di tanto in tanto è bello assaporare quel gusto di libertà estrema che dona la sensazione di venir considerato un puro, semplice e lineare tipo strambo. In qualsiasi lingua questo venga detto o pensato.


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