lunedì 20 giugno 2016

"Un pensiero al giorno" 85 - "Il giocoliere dei mille saluti"

"Un pensiero al giorno"

85 - "Il giocoliere dei mille saluti"

L'omino dell'ospizio mi salutava sempre. Non so bene come fu che capitò a terminare lì i suoi anni. Era ancora abbastanza giovane, ma non aveva più nessuno al mondo. E se anche avesse avuto qualcuno, sarebbe stato quasi uguale, perché lui ti guardava con quello sguardo lontano, che sembrava andare a prendere sul confine più remoto di una prateria sperduta, ti sorrideva con una gentilezza grande, ma un secondo dopo, credo non sapesse già più chi eri.

Pensando a lui, fra di me lo chiamavo il baffetto dell'ospizio. Avevo iniziato a conoscerlo quelle rade occasioni in cui ero entrato in quel compassionevole ricettacolo per nonnetti dimenticati, a raccogliere notiziole da giornalista di provincia. Una piccola festa per i vecchietti, il compleanno di una nonnina centenaria e simili curiosità da gazzettino ultra marginale.

L'omino stava quasi sempre sulla porta a schiacciare il bottone di apertura, nel caso vedesse un ospite. Ti accoglieva con quei baffetti neri a spazzolino da denti, gli occhiali spessi come due culi di bottiglia, posati su un nasone che faceva simpatia, e dietro le lenti, il suo sguardo sorridente di toposa gentilezza.

Salutava con gran professionalità da maggiordomo un po' sdrucito, ma poi si perdeva a inseguire i suoi pensieri, che chissà dove si andavano a smarrire. Di sicuro in qualche posto che conosceva solo lui.

Da allora, ogni volta che passavo in bici davanti all'ospizio e lo scorgevo di vedetta sul piccolo terrazzino affacciato sulla strada, fra le fronde dei grossi tigli, mi sventolava la mano in calorosi saluti. Il bello era che se mi capitava di passare anche dieci volte al giorno, immagino lui credesse di salutare dieci persone diverse.

In qualche modo, il baffetto dell'ospizio faceva così un'opera di utilità sociale. Non ti permetteva di annoiarti della tua esistenza. Se è vera (come credo sia più che vera) l'affermazione di Umberto Eco, secondo la quale chi legge libri vive tante vite diverse, era vero pure che passando davanti al baffetto dell'ospizio, ti sentivi ogni volta un'altra persona, col gran senso di rinnovamento esistenziale che l'impressione ti metteva dentro.

In questo modo svagato, il baffetto dell'ospizio passava le sue giornate, che erano un po' tutte una lo specchio dell'altra. A vederlo, ti sembrava in forma, una mascotte ideale del posto che lo ospitava. Sempre cordiale e in apparenza presente. Ma credo che per lui l'orizzonte mutasse di continuo, anche se la cosa (almeno in apparenza) non gli pesava più di tanto.

Seppi poi da una ragazza impiegata nella struttura, che il baffetto dell'ospizio era un lettore dei fumetti di Tex Willer e questo me lo rese ancor più simpatico. Non so bene cosa ci capisse, col suo nasone ficcato fra le pagine delle avventure del ranger texano.

Ma da quella volta, presi a immaginare anche che il baffetto dell'ospizio non disdegnasse nemmeno di lanciare agevoli occhiate ai culi delle infermiere che si trovava a ronzare attorno durante le giornate. Va beh, dopo un secondo avrà subito scordato cosa significasse bearsi lo sguardo con la visione di un sedere di donna, ma non importava molto. Le infermiere stesse avrebbero dovuto essergli grate, per il rinnovo identitario che il baffetto garantiva con costanza anche ai loro fondoschiena. Per lui ogni volta erano altri culi, e poi altri, e così via.

Ero quasi convinto che il baffetto dell'ospizio sarebbe durato per sempre, tanto era divenuta familiare la sua figura. L'ingresso dell'ospizio era impensabile senza di lui. Ma poi il tempo passò, i miei pensieri presero la strada di tante altre occupazioni, fino al giorno in cui venni a sapere che il baffetto se n'era andato.

Mi dispiacque tanto pensare che non mi sarei più rinnovato l'animo sotto la corrente rigenerante di un suo candido saluto. Ma ancora oggi, ho ben presente quel suo sorriso affabile da topone portinaio, benché perlopiù muto. E sono contento di aver incrociato con lui alcuni attimi, di essermi sentito tante persone diverse, filtrate dal suo delicato sguardo moltiplicatore di umanità.


Nessun commento: